Lasciamo da parte definitivamente le ingiustizie, i nazionalismi, gli afflati nostalgici e i “crediti” nei confronti del destino … i
Danger Zone sono tornati con un nuovo lavoro in studio e “
Don’t count on heroes” è senza dubbio uno dei dischi dell’anno nell’ambito della musica di classe, confermando per i bolognesi un primato artistico inconfutabile.
In un’epoca di diffuse frenesie e superficialità, la recensione (corredata da una didascalica valutazione numerica …) potrebbe anche finire qui, ma come ormai spero sappiate, amo moltissimo argomentare un minimo le mie convinzioni, nella speranza che là fuori ci sia ancora qualcuno disposto a leggere e magari trovare anche “utili” tali farneticazioni.
E allora continuiamo dicendo che l’
album è straordinariamente compatto e coinvolgente, che non ha un momento debole e che è assolutamente in linea con il nobile e radicato
trademark della
band nostrana, avvalorando quella sontuosa componente melodica già ostentata nel precedente “
Closer to heaven”.
La produzione di
Roberto Priori e di
Jody Grey garantisce ancora una volta suoni nitidi ed equilibrati, esaltando le caratteristiche esecutive e interpretative di un gruppo che con la conferma di
Pier Mazzini alle tastiere (da rilevare lo spiccato gusto cromatico della sua prestazione) e l’acquisizione della chitarra di
Danilo Faggiolino sembra aver trovato una dimensione davvero compiuta e calibrata.
Impossibile, poi, sempre in fatto di “singoli”, dopo aver sottolineato l’ottima prova della sezione ritmica
Palmieri /
Minghetti, non rinnovare una sincera ammirazione per la sei corde ispiratissima di
Priori e per l’ugola stentorea e comunicativa di
Giacomo Gigantelli, due autentici “maestri” nei rispettivi settori di competenza.
Arrivati alle canzoni, sfido chiunque, tra i fedeli appassionati del genere, a trovare pause emotive lungo i cinquanta straordinari minuti del programma, aperti dalla grinta felpata di “
Demon or saint” e chiusi dalla sfarzosa passionalità della toccante “
Eternity”.
Tra le due estremità di questo splendido viaggio nella virile eleganza delle sette note, sarà incredibilmente appagante fare tappa nella solarità di “
Faster than love”, nel brillante clima “adulto” di “S
omewhere out there”, nelle trame enfatiche di "
Down to passion” o ancora nelle allusioni “randagie” di “
Rolling thunder” e nelle vibrazioni tipicamente
class-metal di “
Breakaway”.
Un senso di partecipazione emozionale addirittura superiore lo suscitano l’irresistibile melodia notturna di “
Destiny”, la vena intimista dell’elettro-acustica “
Rise again” e le splendide “
Hang on to your heart” e “
Forever now”, capaci di dipingere atmosfere ai vertici dell’evocazione melodica.
Con “
Don’t count on heroes” i
Danger Zone proseguono in maniera matura, sicura e peculiare il loro percorso espressivo all’interno della ristretta
élite mondiale del
rock melodico, recuperando con innato talento e irriducibile determinazione quel “maledetto tempo perduto” … come si fa a non esserne felici?
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