Mi punge vaghezza di contravvenire ad uno dei
cliché più logori della stampa metallara, ossia: album con tematiche demenziali = recensione (pseudo) spiritosa.
No. A questo giro, per nessun motivo apparente e sospinto da una
vis polemica completamente gratuita, l’articolo sfoggerà un taglio serio quanto la morte.
Giacché ci sono, credo proprio che contravverrò ad un’altra regola non scritta, vale a dire: disco di scarsa durata = senza voto.
Nient'affatto. Ecco un otto in pagella tondo tondo per nemmeno dieci minuti complessivi di musica.
In fondo parliamo o no dell’unico, autentico tormentone dell’estate 2019?
Io, in realtà, non ne ho la benché minima idea (niente
social, niente
Spotify, più misantropo ad ogni giorno che passa, non ascolto radio né mi soffermo su canali musicali da circa vent’anni)… ma ciò non m’impedisce di genuflettermi idealmente ai
Nanowar of Steel.
Il gruppo nostrano ha dimostrato una volta ancora la propria superiorità sulla –non troppo agguerrita, a voler ben vedere- concorrenza ridanciana, facendo proprio uno dei generi più lontani in assoluto dalla galassia
metal ed ammantandolo con la consueta, geniale dose di ironia parodistica.
Mi asterrò dal descrivere le trame danzerecce di “
Norwegian Reggaeton” o dal tratteggiarne le esilaranti
lyrics a sfondo
black: tutti voi avrete visto almeno una volta il
videoclip in calce, giusto?
L’impaziente
Napalm Records, nell’attesa del successore di “
Stairway to Valhalla”, immette quindi sul mercato un bel 7 pollici celebrativo (l’ottima “
Bestie di Seitan” la
b-side prescelta); operazione senz’altro discutibile quanto ad utilità e tempismo… anche se ascoltare “
Norwegian Reggaeton” in questi giorni freddi e gravidi di pioggia riesce comunque a mettere di buonumore.
In fondo, proprio quello che i
Nanowar of Steel fanno da anni con encomiabile costanza ed impareggiabile qualità. Qualità, certo, perché il
metal, così come la musica in generale, è una cosa seria,
non seriosa.
Meditate gente, meditate…