Probabilmente sono smemorato o - peggio -ignorante, ma quando penso al Portogallo mi vengono in mente due band: i
Moonspell ed i
Dark Oath. Perdonatemi.
Ma da oggi avrò almeno un altro nome che si aggiungerà a questa cortissima lista: sto parlando degli
Apotheus, straordinario quartetto di musicisti provenienti da Paços de Ferreira. Ed il motivo per cui non potrò dimenticarmi di loro è il secondo album di un carriera iniziata nel 2008, "
The Far Star", pubblicato sul finire del 2019 dalla svedese
Black Lion Records, etichetta con cui i nostri hanno firmato in questo stesso anno.
Ho recuperato, giusto per farmi un'idea, il debut "
When Hope and Despair Collide" del 2013: in 6 anni gli
Apotheus hanno indossato gli stivali delle sette leghe tanto evidenti sono stati i progressi nel loro cammino.
"
The Far Star" è il nome del progetto al centro del concept su cui si basa tutto il disco e, abbiate pazienza, in due parole cercherò di raccontarvelo.
Siamo nell'anno 6538 UTS, sulla superficie di un pianeta avanzato tecnologicamente ma morente, e la casta di eletti che lo governa chiamata "The Gift" all'ennesimo blackout che ha gettato nel caos più totale i ricchi ed i miliardi di poveri, ha capito che l'unica possibilità affinchè la loro specie abbia una speranza è trovare un altro pianeta su cui ricominciare da zero. Dopo essere scesi a patti con i politici e con l'elite economica priva di scrupoli il progetto "
The Far Star" prende il via e le due navi della rinascita "Alpha" ed "Ome-gae" lasciano la loro patria morente per un viaggio di 320 anni luce, distanza a cui gli scienziati hanno trovato un corpo celeste del tutto simile al loro con le condizioni necessarie per far continuare la loro civiltà. A bordo l'equipaggio di 740 persone (scelte per i loro eccezionali requisiti fisici, morali e mentali) sa perfettamente che solo la 3° generazione dei loro discendenti vedrà la terra promessa e dopo immani difficoltà, dopo aver perso una delle due astronavi, dopo aver dubitato di farcela finalmente i pochi rimasti atterrano sul nuovo pianeta. Che però non si rivela affatto pronto ad accoglierli risultando diverso dalla terra carica di frutti che avevano sognato: gli sconvolgimenti naturali del giovane globo esigono il sacrificio di tutti i superstiti e così l'ultimo di loro mette in atto il protocollo estremo, l'ultima chance di non aver fatto tutti questi sacrifici per niente. Porta "il seme", un concentrato genetico in grado di letteralmente "inseminare" la vita nel nuovo pianeta e lo pianta nel luogo ideale; dopodichè ormai morente torna a bordo dell'astronave e decolla per andare alla deriva nello spazio infinito sperando che il suo sacrificio e quello della sua gente abbia dato frutti. Quattro miliardi di anni dopo dai mari brulicanti di vita uscirà la specie dominante, si alzerà in piedi e reclamerà per se il pianeta chiamandolo "Terra" e nominandosi "razza umana".
Scusate la lunghezza ma era necessario affinchè i brani fossero comprensibili: ognuno di essi sottolinea un capitolo di questa mini-storia sci-fi con colori e toni musicali differenti; se proprio fossi obbligato parlerei di progressive death metal, collocando gli
Apotheus sulle tracce degli spagnoli
Persefone e dei norvegesi
In Vain.
L'intro "
Prelude" ci porta negli spazi siderali con pennellate di synth e suoni cybernetici, "
Caves of Steel" con i suoi riff oscuri generati da chitarre ribassate e basso rombante tratteggia perfettamente un pianeta sull'orlo del collasso in cui anche la speranza è morente. "
Redshift", una delle tracce migliori del lotto, con il suo alternarsi di growl e clean vocals illustra bene il travaglio interiore delle menti illuminate nello scendere a patti con i politici e le caste commerciali così come nella successiva "
Resolve to Remake" quando tutto è deciso. E così via via i toni si fanno più drammatici ed introspettivi in "
The Darkest Sun" in cui le parti lente di chitarra e la voce pulita e poco più che sussurrata danno voce ai dubbi, ai rimpianti ed alle paure degli equipaggi. "
The Pull of Plexeus", "
Save Our Ship" drammatica nella sua invocazione finale ripetuta sfumando quasi come una preghiera dopo la perdita di una delle due navi, "
Under a new cloudy sky", colma di nuova speranza per l'arrivo sul nuovo pianeta con i dialoghi eterei delle due asce in un crescendo pinkfloydiano.
E tutto va verso l'ineluttabile e drammatico finale nel trittico conclusivo "
The Brightest Sun", "
Staring the Abyss" e la magnifica "
A new beginning" in cui i toni si fanno disperati per aver compreso che nessuno di loro vedrà sbocciare la vita, sentimenti resi splendidamente dalle vocals harsh e clean che chiudono quasi sovrapposte sostenute dal lavoro impeccabile del drumming e sottolineano la rabbia e contemporaneamente la speranza per l'epilogo tanto temuto ma via via divenuto sempre più chiaro.
"
The Far Star" è un disco che mi ha toccato davvero in profondità per il songwriting, per le liriche, per la capacità di fondere melodie rabbiose ed eteree: non posso che consigliarvelo a gran voce ed anticipare che un posto nella top ten di quest'anno non glielo toglierà nessuno. Un ultima raccomandazione: fate vostro il supporto fisico, non limitatevi al digitale perchè non leggere il concept sarebbe davvero un peccato.
Apotheus - "
The Far Star" (full album)