Sesta fatica in studio per i marcioni
Violation Wound capitanati dall'altrettanto lercio
Chris Reifert: il leader degli
Autopsy infatti, abbandonato temporaneamente il seggiolino dietro alle pelle, imbraccia la chitarra e con questo progetto parallelo si dedica anima e cuore all'hardcore punk, genere per cui il buon Chris nutre una certa passione. Chi conosce gli Autopsy difficilmente potrà dirsi sorpreso dall'esistenza di questa band dal momento che nella musica dei maestri del death americano è da sempre insita una componente punkeggiante che lascia spazio a pochi dubbi circa l'attitudine di Reifert e soci. "Dying To Live Living To Die" è un disco sincero e genuino, verace nella sua semplicità fatta di chitarre ficcanti che sparano in sequenza riff diretti e senza fronzoli, in cui convivono l'anima punk e quella più rock'n'rll quasi motorheadiana dei Violation Wound. In mezz'ora di durata il gruppo mette insieme 18 brani di furente hardcore che nonostante non brillino per varietà sanno andare dritti al punto e in taluni frangenti si propongono anche di offire anche dei refrain anthemici con i membri del gruppo che partecipano ai cori dei pezzi, che fanno da contraltare alla voce sporca e quasi death metal del buon Chris. "Dying To Live Living To Die" scorre via in un attimo e senza annoiare perfino chi come me non è molto avvezzo al genere, grazie a brani incisivi e subitanei che rischiano di scatenare il pogo nel vostro soggiorno anche se alla lunga diventa difficile capire dove termina una canzone e dove comincia quella successiva. Da sottolineare in questa sede l'ottima produzione che il disco può vantare e che è distante anni luce dalla resa low-fi e spesso da cantina tipica del genere e che invece suona cristallina e potente, con il piacevole risultato che tutti gli strumenti (basso in primis) hanno il loro spazio ed è possibile cogliere tutte le sfumature di questo "Dying To Live Living To Die".
I Violation Wound danno libero sfogo alla vena più punk del loro creatore, del quale incorporano anche l'attitudine più metal: il risultato è un disco che ha le carte in regola per piacere sia ai metaller che agli hardcorers, pur non apportando nessuna sostanziale novità al genere.
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