Virtuosismi, Poesia, Complessità, Evoluzione: sono tutti termini totalmente sconosciuti ai
Kicker, e questo album è qui per dimostrarlo. La band nasce essenzialmente per caso, mettendo insieme tre membri di formazioni più o meno fortunate del punk-hc e piazzando alla voce un ex-roadie (perché chiamare un vero cantante, quando puoi avere un tizio brutto e con accento inglese, d’altronde?). Credo sia un’offesa al comune senso del pudore denominarli “supergruppo”, sono più classificabili come “dopolavoro”, e sono al loro secondo disco.
Dunque, questi vecchi punk si mettono insieme e fanno… punk, appunto. Sporco, grezzo, ignorante punk fermo al 1978 (vabbè, dai, qualche trascurabile accenno Oi lo troviamo) suonato in modo approssimativo e cantato peggio, su testi che… volete sapere qualcosa sui testi? Volete sapere il testo di
Shit Song? Suvvia.
Eppure, per qualche misterioso motivo,
Pure Drivel funziona. Sarà anche grazie all’attitudine cazzara e senza pretese del progetto, però i Kicker sanno effettivamente far bene quello che fanno. E divertono. D’altronde, come dicono oltreoceano “you can’t teach an old dog new tricks”, e loro di certo non cercano di fare qualcosa di nuovo. Anzi. Tutta roba già sentita, tra
Ramones,
Clash e
Sham 69.
Però se questi ultracinquantenni si vogliono divertire suonando la musica di quando erano adolescenti, chi sono io per giudicarli male? Fossero poser pischelli quindicenni che giocano a fare i
Sex Pistols, andrebbero stroncati senza pietà, ma questi sono grassi, pelati ed inguardabili, come si fa a voler loro del male? Staccate il cervello, abbandonate ogni pretesa di serietà e godetevi
Mrs Arnold, OMonte Rio, I Can’t Sleep, Down to The Bunker.
Quindi, promossi. E se non vi va bene, loro sono pronti a cantarvi
Goodnight and Fuck Off.
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