... We need another beer !!!!!!!Ho iniziato ad apprezzare la birra solo in tempi recenti, ma il mio attaccamento verso i
Tankard risale al loro album d'esordio, "Zombie Attack" ('86). Già al tempo si distinguevano per la loro simpatia ed una carica d’ironia associata ad un thrash metal grezzo e potente, e da allora le cose non sono cambiate ed ora lo ribadisce il loro nuovo album, strategicamente intitolato "The Beauty And The Beer", un titolo fantastico, così come lo è la copertina. Infatti, la birra è da sempre fermamente radicata nei testi e nei pensieri (e lo dimostrano i loro prominenti addomi) della band tedesca, è il loro marchio di fabbrica, anche se tra le righe spesso toccano temi meno frivoli, con qualche escursione al sociale ed alla politica.
Ovviamente i Tankard sono immediatamente riconoscibili sin dalle primissime note di "Ice-Olation" e di "We Still Drink The Old Ways": Thrash vecchia maniera e le vocals corrosive di Gerre, con la concessione ad un minimo di melodia nei soli ritornelli, ed il tutto ben assecondato dall'ottima produzione di Andy Classen.
Brani come "Forsaken Words", "Rockstars No.1" o un pesantissimo mid-tempo quale "Dirty Digger", mettono in evidenza la robustezza della coppia ritmica, composta da Frank Thorwarth e da Olaf Zissel, e pure la prova del chitarista Andy Gutjahr, tosto nei riffs e dal buon gusto (anche nel tocco melodico) negli assoli. La lunga titletrack ha la delicatezza di una vecchia locomotiva lanciata a folle velocità su dei binari sgangherati, eppure, sebbene siano presenti soluzioni e passaggi interessanti, manca di quel colpo di genio che si sarebbe aspettato.
Ci pensano quindi la simpatica (a partire dal sax iniziale) "Frankfurt: We Need More Beer" dove si ripresentano il vecchio Alien e le sue 666 Packs, e la bonaria ed "anviliana" dichiarazione di fede ed intenti dal titolo "Metaltometal" (
"...Metal to Metal, guts to guts, no Country, no Reggae.... no Techno, no Hip-Hop, it's driving me nuts!").
Tankard... restano unici ed inimitabili!
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