Il discreto successo ottenuto dal precedente "Seventh sign" (2003) ha spinto al bis il virtuoso chitarrista
Enevoldsen: un'aggiustatina alla line-up con l'arrivo di due ex Lion's Share (Pontus Egberg e il drummer Johan Koleberg che rimpiazza Andreas Lill dei Vanden Plas ), l'ex tastierista di Malmsteen Mats Olavsson, in più l'aiuto essenziale di Conny Welen e Andy Engberg per la scrittura di un concept basato su un uomo che ha il dono di viaggiare senza alcun controllo attraverso universi paralleli. Malgrado a Torben siano attribuite tutte le musiche, il suo lavoro alla chitarra non sovrasta mai di molto gli altri e risulta molto meno influenzato dal neoclassic metal Malmsteeniano, sconfinando spesso in territori acustici, melodici e blues. Certo i brani dopo un po’ di ascolti danno un senso di ripetitività nelle strutture (alle quali però Enevoldsen è riuscito a dare una notevole complessità strumentale), ma funzionano bene anche presi singolarmente e vengono cantati in modo magistrale da Engberg, le cui tonalità si mantengono sempre su livelli medio-alti e molto potenti, il lavoro alle tastiere non primeggia ma si rende indispensabile negli 11 minuti di "Dark alliance" e in "Beginning of the end", dove Olavsson duetta nel finale con Enevoldsen in un pezzo heavy-melodico dai minacciosi cori operistici e riffs di chitarra degni dei migliori Dokken. Da segnalare anche la ballad Awakening con chitarre spagnoleggianti e controcanto femminile e la strana somiglianza del refrain di “Moment of truth” con “Paid my dues” di Anastacia. Come ogni concept che si rispetti non mancano interludi parlati alternati ad effetti sonori, il tutto facilmente riconducibile ad il filone heavy/melodic prog energico e corale ispirato ai Dream Theater di Awake, Savatage, Royal Hunt, Magnitude 9.
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