Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2006
Durata:45 min.
Etichetta:Black Path

Tracklist

  1. SHADOWMAN
  2. SUDDEN IMPACT
  3. THE BEAST WITHIN
  4. VENOM IN MY VEINS
  5. MACHINE INVADERS
  6. FORCED ENTRY
  7. SEA OF SKULLS
  8. BREAKING THROUGH
  9. INFURIATOR
  10. BURNING SCARS

Line up

  • Oscar Carlquist: vocals
  • Harry Granroth: guitars
  • Daniel Johansson: guitars
  • Leif Larsson: bass
  • Morgan Pettersson: drums

Voto medio utenti

"Forced Entry" segue ad un paio d'anni di distanza il MCD "Sudden Impact" e rappresenta l'esordio sulla lunga distanza per i RAM, gruppo svedese che si ripropone come l’araldo del più puro ed incontaminato Heavy Metal.
Dal precedente lavoro i RAM recuperano 3 delle 6 canzoni che vi erano incluse (per la precisione si tratta di "Sudden Impact", "Machine Invaders" e "Infuriator"), ma il via lo danno con la nuova "Shadowman", una speed song intrinsecamente priestiana dove il cantante Oscar Carlquist non nasconde la sua devozione per Rob Halford.
Non cambiano quest’impressione le seguenti "Sudden Impact" (davvero belli gli intrecci vocali), "The Beast Within" e nemmeno la quadrata "Venom In My Veins" o la sinuosa "Breaking Through".
Una delle mie canzoni preferite resta comunque "Machine Invaders", già presente sul mini, che qui conferma l'ottima impressione che aveva suscitato, accentuando i toni con un cantato serrato contrastato da un coro melodico e powereggiante ed accompagnato da un guitarwork maideniano. Mentre non convince la corsa forsennata della titletrack, "Forced Entry", spezzata da un lungo e martellante break dove si coglie pure un accenno di growl.
Ritmiche forsennate ed assoli spietati si affiancano agli screaming (…halfordiani ovviamente: nonostante arrivino da Gothenburg, i RAM non hanno nulla a che fare con il Death Metal!) e se sono evidenti i rimandi ai Judas Priest, per la potenza messa in campo e la loro velocità esecutiva, potrebbero venire in mente anche gli Exciter o i Razor. Certo che il ceppo rimane sempre quello. I RAM rallentano, infatti, i ritmi solamente sulla conclusiva "Burning Scars", una ballad nervosa e largamente acustica che tuttavia non aggiunge nulla a quanto già detto.
Un gruppo ed un debutto di valore che ci rimettono in contatto con il buon vecchio Heavy Metal!
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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