Copertina 8,5

Info

Genere:Avantgarde
Anno di uscita:2019
Durata:55 min.
Etichetta:Prophecy Productions

Tracklist

  1. WITNESS
  2. THE DEAD LIGHT PART 1
  3. THE DEAD LIGHT PART 2
  4. NEBULA
  5. LABYRINTHINE ECHOES
  6. BREATH OF VOID
  7. EXSANGUINATION
  8. RENDERED IN ONYX

Line up

  • Grungyn: bass, vocals
  • The Watcher: guitars, vocals
  • Havenless: drums

Voto medio utenti

A due anni di distanza da "Winter", tornano i Fen con un nuovo batterista: "Havenless", già "visto" nel disco di debutto di uno degli innumerevoli side-project di uno dei due fratelli Allain: "The Watcher". Trattasi dei Fellwarden, in questo caso. Quello che salta subito all'orecchio è uno stile meno agguerrito del suo predecessore, "Derwydd". Ciò è dovuto sicuramente anche ad un certo ammorbidimento (o evoluzione, se preferite) del sound qui proposto, appare più "languido" rispetto al passato. Per intenderci, in alcuni frangenti possono ricordare gli Anathema di 2° generazione. O, magari, i loro più grandi ispiratori: quei Pink Floyd meno psichedelici e più atmosferici. Insomma, ne è passato di tempo dagli albori power/thrash dei Lost Legion.

Il disco pare più centrato e conciso rispetto agli ultimi: otto tracce che si aggirano attorno ai 7 minuti di durata. A conti fatti, è l'album in studio che dura meno dei Nostri. Il pezzo che colpisce - ad un primo ascolto - è proprio quello che è stato presentato come anteprima (o singolo, nella modalità in cui vengono idealizzati oggi), "Nebula". Si apre con il basso di "Grungyn" in evidenza e una chitarra a metà strada tra lo shoegaze e il black che, man mano, ci accompagna verso un refrain caratterizzato da melodie vagamente scandinave, che confluiscono in un incrocio tra voci suadenti (del primo genere) e aggressive (del secondo). Probabilmente è quello più accessibile di "The Dead Light" che, come title track, offre addirittura un brano da 7 minuti - anch'esso presentato come singolo - e una sua appendice da 3. La prima parte aggredisce fin da subito l'ascoltatore per, poi, trasformarsi in un brano quasi acustico che, dalla metà in poi, rientra nell'atmosfera dell'opera sfociando vagamente negli Opeth più ispirati. La seconda parte (interamente strumentale), invece, recupera praticamente la melodia principale sottolineandone l'incedere con una sorta di jam del trio. Ad aprire "The Dead Light", però, troviamo "Witness". Un pezzo proprio introduttivo all'album, completato da cori e voci sibilline che ci trasportano giusto all'inizio del percorso. In realtà non è molto coinvolgente - tant'è che non si capisce mai dove finisce - ma, comunque, d'effetto! "Breath of Void" è, probabilmente, il brano più debole. Non perché non abbia niente di interessante da offrire... Ma, proprio perché è in linea con i vecchi standard e, quindi, abbastanza canonico. Insomma, non incide a dovere! È probabile, però, che ci si aspetti anche qui una melodia che ogni altra traccia contiene. "Exsanguination" si rivela un brano solido, prima dell'altalenante (nel senso positivo del termine) traccia di chiusura. Risulta ben amalgamata dal solito incrocio di voci - passando tranquillamente da quelle evocative di "Grungyn" a quelle in scream di "The Watcher" - e, nei suoi 8 minuti di durata riesce, alla fine, ad immergerci in un mood apparentemente tranquillo. La precedente "Labyrinthine Echoes" contiene la parte più progressive del full-length. Non a caso, è il brano più lungo dell'album! Inizia con la solita chitarra ammaliante che, in seguito, si trasforma in qualcosa di più arcigno ed oscuro. Notare gli inframezzi di chiara matrice svedese, in cui pare incanalarsi ad un certo punto il brano che, dopo un crescendo, ricade pian piano nel solco fin qui creato dal disco. Come durata è seguito a ruota da quello che lo chiude: "Rendered in Onyx". Questa si apre con un coro che pare adatto a portarci alla conclusione dell'ascolto, con la sua solennità. Ma non prima di passare per una bella sfuriata alternata - come al solito - a parti atmosferiche, che allietano anche questi momenti "agguerriti". In chiusura abbiamo l'immancabile arpeggio che, automaticamente, ci spinge a ripremere play!



Per chi è novizio del gruppo e ha interesse nel conoscerli, posso dire che: in alcuni frangenti possono ricordare certi Enslaved (anche se con i Fen non ci si perde nei meandri della mente) e, talune volte, anche gli Immortal. Mentre, ad altri, potrebbero ricordare pure i Dark Tranquillity! In ogni caso, spesso sono stati accusati di essere gli emuli di certi Agalloch.



P.S.: Segnalo che, nella versione ultra-limitata e costosa della Prophecy Productions, è presente un secondo CD con altri tre brani.
Recensione a cura di Giovanni ‘nonchalance‘ Cau

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 05 apr 2020 alle 11:26

Disco stupe, davvero.

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