Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:60 min.
Etichetta:Parlophone

Tracklist

  1. CITY OF FALLEN ANGELS
  2. THE BURNING
  3. FATHER LUCIFER
  4. ELYSIUM
  5. LIGHTNING
  6. LAST CHANCE
  7. LEGEND
  8. SPIT FIRE
  9. LAND OF THE PERFECT PEOPLE
  10. BIBLE BLACK
  11. NATIVE SON

Line up

  • Steve Harris: bass
  • Simon Dawson: drums
  • Grahame Leslie: guitars
  • David Hawkins: guitars, keyboards
  • Richard Taylor: vocals

Voto medio utenti

Ho sempre trovato grossolani e infantili gli scritti fondati su presupposti ipotetici, ma nel caso che ci occupa appare davvero difficile esimersi.
Ecco dunque: inserite in line up un Gene Parris qualunque al posto di Sua Maestà Steve Harris, ed otterrete una band con un riscontro di pubblico e critica davvero limitato.
Questo lo scenario più fosco.
Volendo ribaltare la prospettiva in melius: come sarebbe “The Burning” con un Bruce Dickinson (giusto per dirne uno a caso) al posto di Richard Taylor?
Ebbene, dopo numerosi ed attenti ascolti la mia opinione è che stringeremmo tra le mani un dischetto sensibilmente migliore, ma non potremmo comunque gridare al miracolo.

Già, perché sebbene abbia trovato la prova canora più convincente e sfaccettata rispetto al (deludente) esordio del 2012, continuo a credere che il timbro lamentoso e privo di colore di Taylor costituisca il principale fardello a carico del progetto British Lion.
Anche come lyricist, peraltro, andiamo maluccio: addentrarsi nei suoi testi significa troppo spesso impelagarsi in un immaginario colmo di luoghi comuni, privo di guizzi e inutilmente retorico.
Allargando il campo d’indagine, ci accorgiamo presto che nel secondo full della compagine leonina pregi e difetti viaggiano a braccetto, tentando il sorpasso di quando in quando ma terminando la corsa in sostanziale pareggio.
Così, ad una opening track sorvolabile come “City of Fallen Angels” (piuttosto fastidioso il nervosismo che pervade la strofa) fa da contraltare la bella title track, il cui tessuto ritmico galoppante e gli intrecci di chitarra mi hanno ricordato un altro gruppo britannico di cui non mi sovviene il nome…

Father Lucifer” avrebbe bisogno di un chorus memorabile per ergersi dall’anonimato, ma purtroppo ne sfoggia uno insulso a dir poco; il successivo mid tempoElysium”, dal canto suo, mette in mostra una discreta progressione melodica -oltre ad una linea vocale non così dissimile da quella di “Cateto” degli Elii- ed una coda finale intensa e ricca di emotività (qui lasciatemelo dire: bravo Richard!)
Se le rocciose ritmiche e lo sferragliante basso di Steve in “Lightning” ci fanno presumere che “The Burning” presenti un volto più heavy e meno rock, intervengono “Last Chance” e “Legend” a farci ricredere: stucchevole il bridge della prima, mentre nella seconda… tutto è stucchevole, a partire da quel coretto “oooh oooh oooh” che mi ha ricordato, prim’ancora dei Maiden, i 30 Seconds to Mars. Ognuno ne tragga le debite conclusioni…

L’incipit ben bilanciato di “Spit Fire” ci permette di apprezzare la produzione di Tony Newton -meno Steve pigia bottoni e gira levette, meglio è-, mentre “Land of the Perfect People” convince in virtù dell’azzeccato ritornello.
Bible Black”, semplicemente, nulla aggiunge, e se ne sarebbe potuto fare a meno senza grandi patemi; la conclusiva “Native Son”, invece, vanta una veste semi-acustica ed un piglio intimista gradevoli… ma ci catapulta nuovamente nell’infingardo regno delle ipotesi esplorato ad inizio recensione: provate ad immaginarvela intonata dall’ugola d’oro di Bruce, e sappiatemi dire…
Chiusura comunque positiva, con un ottimo guitar solo (a proposito: promosse le due asce Grahame Leslie e David Hawkins).

The Burning” è dunque un prodotto che vive di luci ed ombre, che si fa senz’altro preferire rispetto al primo capitolo ma che, in ultima analisi, interesserà perlopiù i completisti della Vergine come il sottoscritto.
Gli amanti dell’hard rock melodico, in ogni caso, concedano pure una possibilità.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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