Vi ricordate quanto erano belli gli anni ottanta? Quando si era liberi, spensierati e la vita trascorreva tra feste sfrenate, macchine veloci, relazioni “facili” e alcol a fiumi, il tutto senza (apparenti) conseguenze?
Come dite? Non li avete vissuti? Per questioni anagrafiche o perché, come accaduto al sottoscritto, la vostra quotidianità era “lievemente” diversa?
Qualunque sia la vostra “giustificazione”, è innegabile attribuire a quel mondo un fascino incredibile, soprattutto se poi anche voi siete avidi cultori dei suoni che fungevano da perfetto commento musicale a tutto quel seducente
bailamme.
Ebbene, anche in periodi di diffuso
revival c’è ancora chi, meglio di altri, per attitudine, preparazione e freschezza, sa far rivivere le atmosfere inebrianti ed eccessive degli eighties, evitando di riciclare in maniera pavida i campioni del genere.
Tra di loro, mi sento di annoverare senza indugi gli esordienti
Passion, autori di un disco eponimo i cui contenuti meritano di essere accostati alle prove migliori di Danger Danger, Slaughter, Def Leppard, Aerosmith, Ratt e Cinderella, tutta “gente” che l’edonismo di quell’
epoca aurea l’ha saputo splendidamente tradurre in note.
Pilotati da
Lion Ravarez (che i più informati ricorderanno, con il nome
Daniel Rossall, nelle file dei Night By Night), i britannici sfornano un dischetto davvero godibile e adescante, sufficientemente vario da testimoniare la loro cultura e talmente appassionante da non abbandonare tanto facilmente i vostri dispositivi di riproduzione sonora preferiti.
Si comincia con le taglienti cromature di
“Intensity”, capaci di produrre istantanee folgorazioni nei sensi degli estimatori del
class-metal californiano, mentre a chi preferisce ambientazioni “adulte” e notturne consiglio l’ascolto prioritario di “
Trespass on love”, in grado di soddisfare ampiamente le sue esigenze
cardio-uditive.
Le pulsazioni viscerali, colorate di
hard-blues, concesse a “
Too bad for baby”, “
We do what we want”, “
Back”, “
Built to please” e alla Kix-
iana “
She bites hard”, evidenziano un’altra sfumatura delle notevoli capacità espressive dei
Passion, ancora più efficaci quando si tratta di mescolare melodia e coinvolgimento fisico, come accade nella splendida “
Lost in the dark” (una sorta di fusione tra
Aldo Nova, Skid Row e Van Halen …), nella contagiosa “
Victims of desire” e nella scintillante “
Big game”, che aggiunge qualcosa degli Scorpions “americani” all’opulento catalogo dei numi tutelari dei nostri.
Anche se i tempi sono profondamente cambiati e il sogno di una società gaudente e priva di angosce è stato definitivamente accantonato, allontanarsi anche solo per una manciata di minuti dalle difficoltà della realtà, abbandonandosi all’ottimismo, alla istintività e al divertimento, rappresenta un vero “atto apotropaico”, assolutamente in linea con le tante “funzioni sociali” che assegniamo a quella formidabile fonte di benessere chiamata musica.
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