Ed eccoci a commentare il nuovo lavoro dei
Revolution Saints … inutile nasconderlo, adoro questi “ragazzi”, per quanto hanno saputo regalare in passato a tutti noi “malati” di
hard-rock melodico e per quello che
Deen Castronovo (The Dead Daisies, ex-Journey, Bad English),
Doug Aldrich (The Dead Daisies, Burning Rain, ex-Whitesnake, Dio) e
Jack Blades (Night Ranger) hanno prodotto collettivamente nelle due incisioni precedenti di questo favoloso
super-gruppo.
Senza troppi indugi e sentimentalismi, affermo con convinzione che “
Rise” è semplicemente l’ennesimo concentrato di classe purissima, di sontuosa ispirazione e di tecnica sopraffina, talmente “impressionante” fin dal primo ascolto da annientare istantaneamente ogni sterile polemica sul livello di coinvolgimento delle
all-star band o su scelte stilistiche tutt’altro che “sovversive”.
Il disco non è altro che un formidabile balsamo per l’anima di chi ancora freme per Journey, The Storm, Damn Yankees e 707 e ogni altra osservazione di fronte al suo vertiginoso livello di suggestione
cardio-uditiva appare inutile e pretestuosa.
I brani sgorgano dai solchi forti di un’innata vocazione e di una freschezza che forse non ci si aspetterebbe da veterani del settore di tale levatura, capaci di alternare “carezze” e “graffi” in maniera pressoché impeccabile, confezionando la prima “vera” meraviglia sonora dell’anno appena iniziato.
Alimentato dalle stesure illuminate di
Alessandro Del Vecchio (artefice anche di un’esemplare produzione),
Aldrich e
Blades, e arricchito dal fattivo contributo della penna di
Dan Rossall (della
new-sensation Passion), l’albo sciorina undici frammenti di abbagliante arte “adulta”, in cui è davvero difficile stabilire delle priorità.
Sia che ci sia bisogno di mostrare i “muscoli” (“
When the heartache has gone”, la
title-track, "
Higher”) e sia quando è invece un vitale romanticismo a cullare i sensi (“
Price to pay”, “
Closer” e la sinfonica "
Eyes of a child”, scritta da
Jack Blades e
Tommy Shaw), per poi proiettarli verso fascinosi spazi “aperti” (“
Coming home”, "
Talk to me”, la splendida ”
It’s not the end", "
Million miles”, “
Win or lose”), i
Revolution Saints si confermano autentici
maestri del genere, in grado di rappresentarlo al meglio, anche a distanza di tanto tempo dalla sua prima apparizione sul globo terracqueo.
Insomma, se cercate un’opera che incarni le inestimabili e immarcescibili qualità dell’
AOR americano anche nel 2020, “
Rise” è indiscutibilmente una scelta inattaccabile, da “imporre” a tutti gli
chic-rockers di ogni generazione.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?