"Okta Khora" è l'ottavo sigillo in studio per i francesi Monolithe, band attiva dal lontano 2003 e che con questa nuova opera propongono un disco tanto interessante quanto stratificato ed impegnativo: l'album infatti presenta nove brani della durata di 4:04 o 8:08 minuti in cui i
Monolithe si destreggiano con grande abilità e sensibilità tra le declinazioni più malinconiche e cupe del doom/death metal con il risultato di produrre un disco capace di emozionare gli amanti di questo genere di sonorità. Le canzoni come è facile immaginare mostrano una certa predilezione per i tempi lenti su cui i Monolithe riescono a dare sfogo al lato più cupo ed emozionale della propria musica in cui confluiscono disparate influenze: a fianco del muro di chitarre e del growl possente del cantante Rémi Brochard infatti inserti di tastiera dal piglio talvolta sinfonico donano ai pezzi un sapore quasi sacro e solenne che ne sottolinea ulteriormente la teatralità e che in certi frangenti mi ha ricordato certi passaggi dei Virgin Black, complice anche l'utilizzo di parti corali che si intrecciano alla perfezione nella musica dei belgi. Non mancano nemmeno momenti in cui strumenti quali pianoforte, violino e perfino un sassofono fanno capolino e si intrecciano nella trama sonora di "Okta Khora" accentuandone la drammaticità e dando un tocco classicheggiante molto indovinato a brani come "Dissonant Occurrence" o "Ignite The Heavens" che si segnalano tra gli episodi meglio riusciti del disco. L'avvicendamento tra clean vocals e growl ferale non fa altro che sottolineare ancora una volta la duplicità della musica dei Monolithe, sempre in bilico tra disperazione e malinconica tristezza ottimamente rese dalle innegabili qualità strumentali dei musicisti coinvolti: non a caso i brani molto spesso vivono di fughe dai tratti quasi progressive, con gli strumenti a dominare sulla voce e ad accompagnare l'ascoltatore in lunghi viaggi. Tra i solchi di questo disco si scorge la quintessenza del doom/death metal melodico fatto di melodie struggenti, vera chiave di volta di questo "Okta Khora", unite ad un gusto strumentale ad un fine lavoro di cesello da parte di tutti gli strumenti che concorrono a rendere il disco un viaggio davvero intenso che ascolto dopo ascolto compenetra l'anima di chi ascolta e dischiude i suoi segreti più reconditi. Un lavoro da assaporare senza fretta e con grande attenzione.
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