Big Scenic Nowhere è quanto di più vicino ad un supergruppo in ambito rock desert/stoner. Il progetto è nato dalla collaborazione di due famosi veterani della scena: i chitarristi
Gary Arce (Yawning Man) e
Bob Balch (Fu Manchu), ai quali si è aggiunto in maniera significativa il leader dei Mos Generator,
Tony Reed. L'idea è quella di integrare in un sound unitario le differenti visioni musicali dei protagonisti: il placido desert-rock degli Yawning Man, il fuzz dei Fu Manchu e l'heavy rock ruspante e grintoso dei Mos Generator. Per questo album, pubblicato dalla nostra Heavy Psych Sounds, è stata reclutata una carrellata di ospiti davvero notevoli: da
Nick Oliveri (Mondo Generator, Queens of the Stone Age) a
Per Wiberg (Spiritual Beggars), dall'onnipresente Mario Lalli (Fatso Jetson, Yawning Man) alla coppia
Lisa Alley e
Ian Graham (The Well),
Alain Johannes (Them Crooked Vultures, Eleven),
Thomas Jager (Monolord) ed altri ancora.
Questo impressionante spiegamento di forze stoner, è riuscito a realizzare un capolavoro definitivo di questo genere? Onestamente, direi di no. Intendiamoci, si tratta di un ottimo lavoro, con momenti di altissima qualità, ma meno clamoroso di quanto potevano essere le aspettative, visti i musicisti coinvolti.
Un disco molto indirizzato verso il versante desert, quello più placido e riflessivo, emozionale ed avvolgente, come dimostra già l'opener "
The glim" dove sembra di sentire i Kyuss rallentati ed addolciti. Brano comunque solido, dall'atmosfera grungy, punteggiato da brillanti assoli. Ritmiche cadenzate e vocals morbide e pigre, tutto unificato nella sfera degli orizzonti sconfinati e di un vago retrogusto psichedelico. "
The paranoid" è un breve tiro punk e selvaggio, che si differenzia da tutto il resto. Sembra una traccia prelevata da un album dei Mondo Generator.
"
The I was gone" è una canzone propriamente stoner, dal groove fumoso e con doppie vocals maschile e femminile. Tesa e narcotica, con qualche aggangio melodico-nostalgico che ricorda i QotSA o le Desert Sessions. Chitarre spigolose, ritmo robotico, episodio riuscito. Meno brillante "
Mirror image", una trip-song ipnotica che insiste troppo sul medesimo riff. Bello però l'assolo centrale e la melodia mesmerica alla Fatso Jetson.
"
Hidden wall" è una piccola gemma di dolcezza e grinta. La parte più morbida si presenta magica e lunare, raffinata ed elegante come la carezza di un'amante, mentre i passaggi potenti richiamano le cose dei Mos Generator (infatti canta
Reed). Coda psycho-trippy con il contributo delle tastiere di
Wiberg, uno dei top dell'album. "
Shadows from the altar" ci riporta al groove e all'energia dell'heavy stoner, tiro diretto e ritmato, con un riff chitarristico molto indovinato. Le vocals hanno qualcosa di oscuro, doomy, sposandosi bene con il tiro urgente e deciso. Altro brano di livello.
"
En las sombras" è uno slow desertico alla Yawning Man, dall'andamento torpido e rilassante. Atmosfera e vocals sognanti, sensazione di ammirare il cielo stellato in una notte di marijuana e tequila intorno ad un fuoco nella serena oscurità del deserto. Di nuovo grande chitarrismo solistico, per un pezzo affascinante anche se non originalissimo.
Puro heavy-rock in "
Tragic motion lines", molto vicino alle ultime cose dei Mos Generator, energia e vibrazioni psichedeliche, mentre "
War years" è una ballad rarefatta, liquida, sognante, che però finisce per risultare un pò stucchevole. Si poteva concludere meglio il lavoro.
Nell'insieme è un buon disco, con momenti di alta qualità, ma non così eccezionale come si poteva prevedere. Lo consiglio agli amanti dello stoner americano, ma se il progetto andrà avanti mi aspetto ancora di meglio.