Dietro il progetto
Drown si cela un musicista ucraino,
Markov Soroka, trapiantato negli Stati Uniti.
“
Subaqueous” è il secondo disco dopo “
Unsleep”, uscito appena l’anno scorso.
Premesso che non ho ascoltato il precedente disco, il sound messo in scena dal nostro Markov si definisce “aquatic funeral doom” per via delle tematiche e dell’ambientazione, se così possiamo dire, marina, oceanica.
La mente va subito ai tedeschi
Ahab e al loro autoproclamato “nautik funeral doom”, e in effetti la proposta dei
Drown per certi versi si avvicina al suono di quella band, anche se meno strutturato e, per certi versi, meno viscerale.
I 42 minuti del disco, suddivisi in due suite della pressoché medesima lunghezza, mettono in mostra un buon campionario di riffs lenti, ma non lentissimi, di growl vocals profonde ed abrasive e di assoli dal sapore crepuscolare. Le variazioni sul tema sono dovute a momenti di requie dove è possibile sentire il suono ovattato delle profondità oceaniche o il rumore di un respiratore subacqueo. A metà della seconda traccia “
Father Subaqueous” si ode anche un pregevole violino.
La buona produzione di
Greg Chandler degli
Esoteric dà quel qualcosa in più ad un disco che, paradossalmente, viene meno laddove dovrebbe avere un valore aggiunto. E parlo del fatto che se vuoi trattare delle profondità oceaniche, facendo un disco a tema, non puoi prescindere dal senso di claustrofobia e di oppressione che quell’ambiente dovrebbe incutere, quindi meno attitudine progressiva e maggiori strutture serrate ed oppressive.
Certo, non pretendo che il buon Markov piazzi un microfono a 40 metri di profondità per catturare il field ambient marino come fece
Olhon in “
Underwater Passage” del 2008, però in questo senso qualcosa in più poteva essere fatto perché, a dirla tutta, le sensazioni che “
Subaqueous” suscita sono maggiormente orientate verso un mood apocalittico.
Un disco discreto a nulla più.
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