Symphonic-metal,
gothic-metal o magari un generico f
emale fronted metal … non è difficile vedere i
Secret Rule ascritti a qualcuna di queste catalogazioni, e sebbene tutti sappiano quanto nella musica il ricorso alla definizione di “genere” sia spesso tanto approssimativo quanto “necessario” e funzionale, il rischio è di scambiare i romani per uno dei tanti gruppi “fotocopia” che hanno saturato l’etere con le loro ambientazioni fosche ed enfatiche, le ritmiche aggressive e il cantato
pseudo-lirico.
Pur rivolgendosi in qualche modo a quel mondo espressivo, i nostri nel tempo hanno maturato una personalità propria fatta di tante sfumature stilistiche, capaci di esaltarsi in melodie costantemente adescanti e non per questo eccessivamente “ruffiane”, abilmente pilotate dalla voce duttile e fascinosa di
Angela Di Vincenzo e dalle chitarre vibranti e sensibili di
Andy Menario.
Con il fattivo e solido contributo ritmico di
Michele Raspanti e
Alex Beccati, il nuovo album della
band capitolina segna un altro passo di crescita all’interno di un percorso artistico coerente e creativo, in cui l’approccio alla “materia” non appare mai eccessivamente estetizzante o, come spesso accade, infantile.
“Maturità” è, infatti, la prima parola che mi viene in mente durante l’ascolto dell’opera e benché anche il precedente “
7 Endless” mi avesse evocato analoghe sensazioni, qui le varie componenti del suono appaiono addirittura più amalgamate, finalizzate e compatte, frutto di una convinzione e di un temperamento ormai pienamente delineati.
L’apertura del programma, affidata alla possente e coinvolgente “
Spira mirabilis”, è un ottimo modo di iniziare a entrare nel
mood adrenalinico e seducente di "
Against”, alimentato subito dopo dall’impatto poderoso di “
Shades of humanity” e dalla presa emotiva di “
Rise again”, al tempo stesso magniloquente, energica e ammaliante.
Il clima avvolgente, sinistro e caliginoso di “
Going nowhere” consente ad
Angela e
Andy di sfoggiare tutte le loro migliori peculiarità esecutive e interpretative, condensate in uno dei picchi qualitativi di una raccolta che prosegue in maniera efficace con il travolgente “tiro” di “
Digital revolution” e “
Endless promises”, per poi scurire i toni nell’evocativa “
Purgatory” e pulsare di metallo ed elettronica nella vigorosa
title-track.
“
Deep solitude” merita un’altra menzione speciale grazie ad un’irresistibile linea armonica e alla grande prova della
Di Vincenzo, semplicemente straordinaria quando in “
My last breath” riesce a far felicemente convivere le favolose laringi di
Amy Lee e
Kate Bush.
L’enfasi trascinante di “
Outsiders” e la gradevole “
Don’t let me fade” aggiungono altri due tasselli a un mosaico sonico intrigante, capace di rileggere i “sacri dogmi” del settore con freschezza, forza comunicativa e indiscutibile valore.
Nel volgere di cinque dischi i
Secret Rule hanno consolidato e ampliato le caratteristiche di un
sound ormai emancipato e più forte di ogni fenomeno inflazionistico, davvero meritevole di un’affermazione ampia, piena e capillare.
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