Le montagne del Südtirol costituiscono da anni meta immancabile per la mia famiglia; i motivi di tale passione, inutile negarlo, sono principalmente sportivi, paesaggistici e culinari, ma col tempo si è avuto modo di esplorare anche il profilo storico e culturale.
Il folklore della zona, sappiatelo, è una sorta di sogno bagnato per ogni
blackster, tanto che ricordo ancora l’improvvida lettura di un libro illustrato di favole locali a mia figlia (anni 2)… ma quando mai! Streghe gettate dai dirupi,
krampus che aggrediscono le fanciulle,
goblin assetati di sangue… ho dovuto infilare il tomo nel ripiano più alto della libreria, così da renderlo inaccessibile a minorenni facilmente impressionabili.
Appena appreso, quindi, di un progetto che attingeva a piene mani da quell’immaginario, mi sono fiondato all’ascolto.
“
Il Sentiero Dimenticato” è il titolo scelto dagli
Svart per il
debut album;
debut, peraltro, dalla genesi piuttosto inusuale. Il
leader -per forza di cose, essendo l’unico membro-
:A: ha ripescato materiale suonato a fine anni ’90 su una vecchia
Korg 01 e salvato su polverosi
floppy; dopodiché, il Nostro ha rielaborato gli spunti migliori, già che c’era aggiungendo chitarre, basso, batteria e
vocals.
Ebbene, per quanto mi riguarda posso serenamente affermare che l’opera di riesumazione e
restyling ha pagato i dividendi sperati: il
symphonic degli
Svart ha saputo davvero trasportarmi nella
golden age della scena
black, mettendomi addosso una nostalgia canaglia da far impallidire quella di
Albano.
Le evocative ed “ingenue” linee di tastiera de “
Il Sentiero Dimenticato”, con le dovute proporzioni, profumano di
Limbonic Art e primi
Godkiller, ma è l’intero apparato sonico ordito dall’artista altoatesino a convincere (peccato solo per dei suoni di batteria un pelo troppo secchi).
Ovvio: niente di nuovo sotto il sole -anzi: facciamo sotto la luna, mi sembra più appropriato-; oltre a ciò i brani, nonostante diversi
guest che si alternano dietro al microfono, non compiono chissà quali sforzi per differenziarsi l’uno dall’altro.
Si tratta, in ogni caso, di difetti sorvolabili visto il genere di riferimento, a maggior ragione in virtù della potenza evocativa che episodi come la
title track o “
King of Crimson Winter” riescono a dipanare.
Un plauso, quindi, alla
MASD Records per aver saputo pescare dal sottobosco –mai termine fu più appropriato-
underground nostrano una piccola gemma di oscura suggestione silvana.
A proposito di suggestione: questo weekend, guarda caso, sarò all’Alpe di Siusi. Quasi quasi mi gioco una passeggiata notturna nella foresta con torcia da fronte e “
Il Sentiero Dimenticato” sparato in cuffia…
Mmmh, a ben pensarci credo mi limiterò ad ascoltare il disco mentre rileggo il libro sul folklore trentino: fa già abbastanza paura così…
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?