Tornano a distanza di sei anni dall’esordio gli australiani
Oath Of Damnation, e il loro lavoro non mi ha lasciato del tutto indifferente, anzi l’ho trovato a tratti interessante e godibile, anche perché quando le covers sono fatte bene è sempre un piacere ascoltarle … Perché questo incipit? La mia labile sanità mentale mi ha del tutto abbandonato o l’alcool si è impadronito di me ? Né l’una né l’altra cosa, semplicemente se il debut album
“The Descent” ci aveva presentato una band feroce e diretta nella prima parte dell’album, il finale (
“Shroud Of Spoleto” ) ci aveva già indicato il sentiero che sarebbe stato battuto in seguito … E così il nuovo
“Fury And Malevolence” è un album che amplifica a dismisura la voglia e le aspirazioni sinfoniche della band, non dimenticando comunque di inserire degli stacchi death/thrash tipici della scuola svedese debitrice agli
At The Gates, tutto ben amalgamato ad un tappeto sonoro fortemente ispirato dalla nera fiamma. La ciliegina sulla torta la mettono poi con assoli ben equilibrati e degni di nota, al limite del prog … E allora cos’ha che non va un album così ricco? Apparentemente niente, solo che a me non è mai piaciuto mangiare nei ristoranti “5 continenti” dove puoi ordinare dalla pizza, al sushi, passando per l’hamburger e gli scarafaggi … il rischio di scadere in un’offerta ampia ma priva di qualità e personalità è molto alto … purtroppo adesso credo che avrete capito di che pasta è fatto quest’album, di tutto un po’ che non sa di niente … L’opener
“Imhull” e la seguente
“The Abortuary” scimmiottano i
Dimmu Borgir di metà carriera con in più degli assoli ipertecnici che, pur essendo impeccabili dal punto dell’esecuzione, sono assolutamente fuori contesto con il resto della struttura e della proposta. In
“Ardenti Haereticus” si va dritti a pescare tra le outtakes di
“Puritanical Euphoric Misanthropia” con un brano che urla vendetta per quanto è copiato e poco originale … Purtroppo il resto dell’album non riesce proprio a rialzarsi da questo fastidioso e ingombrante senso di “già sentito” andando a citare anche gli
Old Man’s Child (
“With Fire And Malevolence”) ed elevandosi giusto un po' con le clean vocals di
“In Death’s Dominion” … Per riassumere si è passati da una band acerba ma onesta ad una molto più matura e “paracula” che cerca di venderci le idee degli altri come proprie, cambiando l’apparenza ma non la sostanza. Mitigata delusione…
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