Italia, fine anni ’80, primi anni ’90, il movimento punk/hardcore era in pieno fermento, e una via italiana si andava delineando, differenziandosi distintamente dal resto del mondo. Ancora di più, a Roma c’erano gruppi incredibili, con un’identità ben precisa. Ed è proprio uno di quei gruppi, i Block Of Flats (sono sicuro che chi è a conoscenza di quello di cui sto parando se li ricorderà senz’altro) che mi è venuto in mente quando ho ascoltato l’EP di esordio di una nuova realtà italiana, i
Blind Ride.
Perché proprio questo paragone? Perché esattamente come il vecchio gruppo romano, i nostri tre pischelletti si sono dati da fare per dare alla luce sette brani che con l’hardcore straight in your face hanno ben poco a che spartire, avendo infatti deciso di intraprendere la via più cerebrale di questo genere. Quindi, se è vero che le parti sparate non mancano di certo, quello che salta subito alle orecchie è il lavoro di chitarra veramente ricco ad opera di
Marco, sicuramente influenzato non solo dal punk ma anche dal rock anni ’70 e da un certo tipo di metal più complesso (Voivod), così come assolutamente di rilievo è il lavoro dietro le pelli di
Angelo, potente, veloce, ma soprattutto assolutamente fantasioso, anche in questo caso perché il suo stile lo ha plasmato unendo più tecniche tra loro. Se a questo aggiungiamo anche dei testi mai banali (questa volta in inglese, voglia di rendere il sound più internazionale?), ad opera dello stesso
Angelo, cantati da
Marco senza mai strafare, e il basso di
Giulio secco e scroccarello come il genere richiede, direi che tutti i tasselli sono al proprio posto.
Ma chi sono questi
Blind Ride? La loro vecchia incarnazione, Fronte Della Spirale, è già stata
recensita su queste pagine. Problemi interni tra i più comuni hanno portato ad una scissione, e della vecchia formazione sono rimasti
Marco ed
Angelo, da sempre motori della band molisana. Parte dei brani sono stati composti quando i due ancora militavano nel Fronte Della Spirale, mentre gli altri sono stati composti da zero. E se calcoliamo che il nuovo gruppo è nato solo quattro o cinque mesi fa, direi che non solo i nostri hanno bruciato di nuovo le tappe, ma hanno anche dimostrato di avere notevole prolificità compositiva.
Tornando ai brani, e a quei famosi anni di cui parlavo prima, se ascoltaste l’EP senza sapere di chi si tratta non fatichereste a collocarlo tra il ’93 e il ’94. I nostri non hanno fatto nulla di più che proseguire il discorso interrotto con la vecchia band, già estremamente valido, e personalizzarlo ulteriormente, dimostrando di aver raggiunto una maturità notevole, migliorando ancora di più il sound, rendendolo sempre più vario. E tutto questo è evidente già dalla title track, non a caso messa in apertura. E se è vero, come detto prima, che ci sono un paio di episodi più veloci e diretti (“
D.D.P.S.” e “
December”, due schegge impazzite di puro HC), e se è vero che si tratta comunque di due episodi validissimi, è ancor più vero che i nostri danno il meglio di sé nei brani più strutturati e vari, come la già citata title track, la conclusiva “
Afraid of losing nothing”, “
Wrong answers” o “
Passive ways”.
Se proprio vogliamo fare i rompi palle, si poteva fare qualcosa in più in fase di registrazione, la voce a volte è un po’ soffocata e si poteva aggiustare qualcosina qua e là, ma stiamo parlando di particolari che non sminuiscono il reale valore dell’EP. Conoscendo personalmente i ragazzi, direi che ora come ora hanno trovato la quadratura del cerchio a livello di line up, per cui non incorreranno più nei problemi riscontrati col vecchio gruppo. Perché dico questo? Perché significa che potranno concentrarsi solo su quello che è veramente importante, e cioè la composizione di nuovi brani che andranno a comporre il full length. E se le premesse sono queste, non vedo l’ora di ascoltarlo. L’augurio è che chi di dovere si accorga di loro, perché se al momento in questo ambito c’è un gruppo che merita, per qualità dei brani e dedizione alla causa, beh, questi sono proprio i
Blind Ride.
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