La
Frontiers Records cerca giustamente di sfruttare al massimo la recente collaborazione attivata con i
Blue Oyster Cult, pubblicando in breve tempo svariate uscite che riguardano la storica rock band americana. Dopo "Hard rock live Cleveland 2014" e "40th anniversary Agents of Fortune live 2016", adesso tocca alla versione rimasterizzata di "
Heaven forbid", dodicesimo album in studio pubblicato originariamente nel 1998.
Ammetto che è uno dei pochi titoli dei
BOC che non avevo mai ascoltato e la possibilità di recuperarlo oggi mi gratifica, perchè si tratta di un buon lavoro. Non all'altezza degli storici capolavori, ma sicuramente un'opera solida e pienamente nello stile di questa grande formazione.
Infatti si parte subito con un gran pezzo hard rock,"
See you in black", bello teso e minaccioso come ai vecchi tempi. Chitarre taglienti ed ottimo ritornello orecchiabile, com'è caratteristica di questo supergruppo. Anche la seguente "
Harvest moon" ci riporta agli anni 70, semi-ballad ariosa ed elegante ma con quel pizzico di inconfondibile oscurità malinconica. Break chitarristico intenso per riprendere poi la melodia iniziale. Buon pezzo, segnato dalla qualità
Blue Oyster Cult.
Discreta anche "
Power underneath despair", specie per il ritornello ficcante e la buona energia espressa da tutta la band. Cala un pò la tensione con le vibrazioni pop-rock di "
X-ray eyes", che rappresenta la componente più radiofonica emersa già nella metà dei seventies e da quel momento sempre presente nel
BOC-sound. Traccia di buona fattura, ma tutto sommato non troppo incisiva.
Interessante segnalare che i testi dell'album vedono il contributo dello scrittore di fantascienza
John Shirley, autore della trilogia "Eclipse" e di sceneggiature come quella del film "Il corvo" e di vari episodi dell'universo Star Trek. Si conferma dunque lo stretto legame tra l'hard rock degli statunitensi e l'immaginario cosmico-spaziale, presente fin dalle origini.
L'album garantisce ancora ottime canzoni, personalmente indico la torrida e compatta "
Still burnin", classic HR di livello, il mood funky melodico di "
Real world" che si discosta un poco dal resto del lavoro e la rocciosa ed incalzante "
Hammer back", pezzo immediato ed epidermico.
In conclusione, la riedizione della ballad acustica "
In thee", presente nell'album "Mirrors" del 1979, altro grande successo di questa band nella sua dimensione più romantica.
Che dire, album che quando è uscito è passato un pò in silenzio ma assolutamente da rivalutare. C'è freschezza, ispirazione, dinamismo, alto livello tecnico e compositivo, unito alla classe cristallina dei
Blue Oyster Cult. Ottimo lavoro, se si pensa che è uscito dopo una lunga fase di stasi della super-formazione statunitense. Uno di quei gruppi che raramente sbagliano il colpo, un punto fermo nella storia del rock.
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