Di fronte alle propagandate “new sensation”, soprattutto se inglesi, sono sempre un po’ sospettoso.
Un mio problema, sicuramente, dovuto verosimilmente al ricordo dei tempi in cui il giornalismo musicale britannico, non senza una bella dose di “spocchia” campanilistica, esaltava con inusitato entusiasmo tutti i musicisti locali, tra cui anche molti mestieranti e diversi ciarlatani.
Fortunatamente, dopo qualche periodo non particolarmente brillante, parecchie “nuove leve”, affiancandosi alla “seconda giovinezza” di tanti eccellenti veterani (penso, ad esempio, agli FM …), hanno saputo risollevare le sorti del Regno Unito, restituendolo a posizioni più consone nell’ambito delle gerarchie internazionali del
rock n’ roll.
Tra questi gruppi “nuovi”, interessanti anche se non particolarmente “ardimentosi”, mi sento di annoverare anche i nostri
Collateral, quartetto del Kent assurto agli onori della cronaca grazie ad alcuni singoli e ad apprezzate esibizioni
live.
La
band si muove con una certa sicurezza sui frequentati sentieri dell’
hard melodico
ottantiano, infarcendolo all’occorrenza di suggestioni
country e
southern, ispirandosi abbastanza palesemente a “gente” come Bon Jovi, Little Angels, Nelson,
Rick Springfield e Blue Tears, persuadendo l’astante attraverso l’esibizione di cultura e misura.
Insomma, anche se tra i solchi di “
Collateral” non s’inventa nulla, l’appassionato del genere troverà ampia soddisfazione nell’esplorarli, finendo per trovarseli “appiccicati” alla memoria in maniera quasi involontaria.
Una circostanza che si verifica fin dall’
opener “
Mr. Big Shot”, un numero di pulsante
hard-blues dal
refrain contagioso, per poi proseguire con la sinuosa “
Promiseland” (qualcosa tra Kix e Danger Danger) e una “
Merry go round“ che non dovrebbe sfuggire a chi ama il
Jon Bon Jovi più “bucolico”, magari immaginandolo dopo una breve frequentazione dei Black Stone Cherry.
Il
riff accattivante e la melodia “assassina” di “
In it for love”, con l’alternarsi di accelerazioni e rallentamenti, ostenta un enorme potenziale adescante, e non è da meno né l’
anthem “
Lullaby”, né la successiva “
Midnight queen“, gravida di avvolgente
feeling “sudista”.
Giunti ai tre quarti del programma, all’appello mancava ancora una bella ballata romantica, ed ecco che “
Get back to you” arriva a integrare un copione tanto “familiare” quanto godibile, che per il suo compimento si affida alla pimpante “
Won't stop me dreaming” e alla campestre “
About this boy”, in grado di ben figurare anche nelle programmazioni della celebre
WSM Radio di Nashville.
“
Collateral” scardina il mio “atavico” scetticismo e ottiene un’approvazione piuttosto ampia e convinta, inducendomi a inserire i suoi autori tra gli “emergenti” di valore e prospettiva.
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