Tredicesimo album in studio per l'ambasciatore del desert rock,
Brant Bjork. Inutile dilungarsi sul personaggio, basti ricordare che è stato protagonista in due delle rock band più influenti degli ultimi decenni: Kyuss e Fu Manchu. Poi una marea di progetti (Vista Chino, Ché, Ten East, ecc.), collaborazioni e contributi nell'ambito del panorama stoner. Ed una scintillante carriera solista, che porta avanti con successo da una ventina di anni. Lavori come "Jalamanta" o "Tao of the devil" rappresentano senza dubbio i fondamenti del rock desertico californiano, tanto imitato nel resto del mondo.
Già il fatto che questo disco, che esce per la nostra
Heavy Psych Sounds, porta come titolo il nome dell'artista, è significativo. Qui
Brant rinuncia a contributi altrui e fa tutto da solo, a livello strumentale, compositivo e vocale. Come a volersi riappropriare della paternità di un sound, di uno stile inconfondibile e caratteristico, che profuma di sabbia e veicola le emozioni di luoghi solitari e caldi, meditativi ed intimisti. Registrato a Joshua Tree, il luogo di culto dello stoner e delle Desert Sessions, da
Yosef Sanborn e masterizzato da
John McBain (ex-Monster Magnet), l'album comprende otto canzoni placide ed avvolgenti, con il tipico marchio della Bjork-music. La lentezza narcotica e pigra, da siesta in una torrida giornata a Tijuana, è un buon esempio di questa visione del rock. Mai eccessivo, mai aggressivo, ma dotato di un groove e di un mood melodico che origina agli antipodi delle frenesie e delle frustrazioni metropolitane. In questo senso, io considero il desert-rock come l'evoluzione moderna del "flower-power" sessanta-settantiano. Ci sono echi del movimento hippie, degli acidi che "feed your mind", dei Grateful Dead e dei Jefferson Airplane. Lasciatevi trasportare dal tiro lisergico di "
Jungle in the sound", con i suoi acquerelli chitarristici e le ritmiche torpide, oppure dal rockblues vintage "
Jesus was a bluesman" con il suo feeling melodico che ricorda molto i primi Queens of the Stone Age, ed avrete chiaro il percorso di continuità che esiste tra i tempi d'oro di Jorma Kaukonen e questa visione contemporanea.
Leggermente più hard e ritmici episodi come "
Cleaning out the ashtray" e "
Shitkickin' now", ma siamo sempre entro un contesto insinuante e morbidamente spiraleggiante, come un serpente che si muove sulle dune, esattamente ciò che ci aspettiamo da questo grande musicista. Groove ipnotico e strutture liquide, come nella carezzevole "
Stardust & diamond eyes" che ci parla dell'incanto di uno sguardo femminile che cattura, che ci getta un incantesimo, anche nei periodi più bui e difficili della nostra esistenza. Una musica che può piacere o meno, ma alla quale non si può negare una forte componente magica, evocativa, emozionale, che sta alla base del rock di qualità.
Non c'era bisogno di conferme, ma questo lavoro certifica la posizione di vertice di
Brant Bjork nel campo desert-rock. Un'altro prodotto al top della categoria, un altro solido tassello nella carriera di questo illuminato musicista.
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