OZ - Forced Commandments

Copertina 8

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2020
Durata:55 min.
Etichetta:Massacre Records

Tracklist

  1. GOIN' DOWN
  2. PRISON OF TIME
  3. SWITCHBLADE ALLEY
  4. REVIVAL
  5. THE RITUAL
  6. SPIDERS
  7. LONG AND LONELY ROAD
  8. LIAR
  9. DIVING INTO THE DARKNESS
  10. BREAK OUT
  11. KINGDOM OF WAR

Line up

  • Mark Ruffneck: drums
  • Peppy Peltola: bass
  • Juzzy Kangas: guitars
  • Johnny Gross: guitars
  • Vince Kojvula: vocals

Voto medio utenti

Ammettiamolo pure, se gli Oz fossero nati nel Regno Unito in quei primi anni ’80, avrebbero potuto tranquillamente appartenere a quella ormai lontana e rimpianta vasta ondata definita New Wave Of British Heavy Metal, capitanata da gruppi pioneristici del genere, quali Iron Maiden e Judas Priest su tutti, ed avrebbero potuto raccogliere la giusta considerazione che una formazione della loro preparazione musicale avrebbe meritato. Purtroppo invece, i nostri si sono trovati nel momento giusto, ma nel posto sbagliato, provenendo dalla Finlandia, in un’epoca in cui il metal non aveva ancora spopolato nelle fredde lande scandinave, facendo passare quasi del tutto inosservati dischi davvero riuscitissimi del calibro di Fire In The Brain (1983), III Warning (1984) o Decibel Storm (1986).
Fortunatamente il tempo si è dimostrato galantuomo nei confronti degli Oz, spingendoli dopo ben 19 anni dallo split datato 1991, alla reunion, avvenuta ufficialmente nel 2010, e che, nel 2017, ha trovato la sua consacrazione con il ritorno discografico della band, tramite il discreto Transition State. Certo, va ricordato che oggi della formazione originale è rimasto solamente il drummer Mark Ruffneck e che tutti gli altri membri (Peppy Peltola al basso, Vince Kojvula alla voce, Johny Gross e Juzzy Kangas alle chitarre) si sono uniti alla formazione solo negli ultimi 5 anni, tuttavia ciò che é rimasto intatto da quell’età dell’oro rappresentata dai gloriosi anni ’80, è quello spirito, unico nel suo genere, di suonare heavy metal e di farlo con gusto, ispirazione e passione, divertendosi e divertendo.

Il nuovo disco, intitolato Forced Commandments, pur partendo un pò in sordina, tende a crescere con il trascorrere dei minuti e delle tracce, ed è un sostanziale passo in avanti rispetto al precedente album, in questo lavoro infatti la band dimostra che l'attuale line-up ha trovato un proprio equilibrio, riuscendo a dare il meglio di sé in tutti i suoi componenti, e tutto funziona alla perfezione, dalla sezione ritmica, rocciosa come mai prima d’ora, alle chitarre, che in questa nuova fatica discografica dei finlandesi, sono assolutamente incontenibili, andando a tessere trame e fraseggi quanto mai piacevoli e variegati, creando spesso un sound aggressivo, ma al tempo stesso melodico, come nella iniziale Goin’ Down (pezzo semplice, caratterizzato dalle fortissime tinte AOR) o in Revival, che per la sua natura tremendamente “catchy” riesce ad arruffianarsi da subito le simpatie dell’ascoltatore. Talvolta i due axemen optano per delle soluzioni assai elaborate, creando delle strutture quasi progressive come nella pirotecnica The Ritual, nella neoclassica Spiders (in assoluto la mia traccia preferita!) o nell'elegante Prison Of Time, caratterizzata da piacevoli melodie di origine celtica, enfatizzate da rocciosi ed azzecati riffs. Ad ogni modo, come si diceva precedentemente, ogni brano si distingue e si fa apprezzare per la costante presenza di arrangiamenti ed assoli sempre convincenti da parte della chitarra, che è la protagonista assoluta del disco, sia negli episodi in cui a prevalere dovrebbe essere la melodia, come nella ballad Long And Lonely Road, nella camaleontica Diving Into The Darkness o nella rockeggiante Break Out, e sia, di contro, nei pezzi più sostenuti, come Switchable Alley o Liar, brano quest’ultimo, dalle fortissime tinte neoclassical-power. I titoli di coda di Forced Commandments vengono affidati all’epicità di Kingdom Of War, altro brano riuscito, che nei suoi pochi minuti racchiude tutte le principali caratteristiche del nuovo lavoro degli scandinavi: potenza sonora, doti tecniche notevoli e cura della melodia, che denotano un’eleganza musicale davvero sopra le righe per una band dedita ad un heavy metal di stampo tradizionale.

In conclusione, se col precedente Transition State gli Oz mostravano qualche comprensibile segno di quella ruggine accumulatasi col tempo, figlia della lunga assenza dalle scene discografiche, questo nuovo lavoro mostra una band, forse anche inaspettatamente, viva e quanto mai ispirata, piena di entusiasmo e di creatività, qualità che non potranno non essere apprezzate dai metalheads di vecchia data.


Recensione a cura di Ettore Familiari

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