Noia mortale e calma piatta: la band svedese formata nel 2000 da Reine Fisk e Stefan Dimle (ben più riconosciuti per aver contribuito al successo di Anekdoten e del project Morte Macabre, in cui si rivisitavano le soundtrack degli horror movies italiani anni ‘70) abbandona del tutto le seppur minime influenze di prog nordico presenti in "Timeloss" e "Kallocain" per gettarsi nel post-rock malinconico di Portishead, Dido, White Willow e The Gathering (per i quali hanno fatto da supporto nel tour 2004), azzardando incursioni nel trip-hop come la commerciale "There will be no miracles" (unico sussulto musicale in mezzo a tanto torpore) e "Still standing", inoltre lo studio di moderne tecnologie ha portato nella band l'ingresso di elementi di moderna psichedelia, riscontrabili nella brevissima (30 secondi) "Procession of fools" e nell'inutile title track strumentale. La voce di Petronella Nettermalm è ipnotica, eterea, sussurrata e si combina perfettamente tra Anneke Van Ginsenberg e la Bjork meno poliedrica e stridula, mentre il tappeto sonoro è talvolta scosso da inserti di organi Hammond, Mellotron, violoncelli e sassofoni dal ritmo lugubre che scandiscono atmosfere quasi funeste ("Not a sound"), ma il massimo del tedio arriva in "Your misery", (brano che sembra fatto su misura per indurre gli ultimi frequentatori di locali notturni ad abbandonare le sale alle prime luci dell'alba), mentre "Falling" riesce a salvarsi per la presenza di massicci strati di Mellotron che accompagnano il cantato aggraziato e delicato di Petronella (unica breve concessione al sound degli Anekdoten, in cui le tastiere ci regalavano scenari oscuri, spettrali e glaciali). Qualcosa si riesce a salvare, ed è stupendo: "Is that all?", giocata tra voci angeliche aggiunte a quella di Petronella e accompagnate dalla chitarra acustica che vengono spazzate via da un imponente muro di tastiere vintage e chitarre pinkfloydiane dal ritmo lento, il classico brano che da solo vale il prezzo del disco.
Difficile consigliarne l'acquisto anche per chi li segue da sempre: il nuovo corso intrapreso può rivelarsi molto pericoloso e li può allontanare del tutto dal cliente abituale di prodotti Inside Out che da una band nordica si aspetta ben altre sonorità (altrimenti si va a comprare Bjork o i The Gathering, non certo i Paatos), speriamo almeno che nel prossimo tour (di supporto a Porcupine Tree in settembre a Roma e Milano) abbiano cura di gestire una set list non solo incentrata su questo disco, altrimenti possiamo cominciare a preparare letti e cuscini.
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