Non so voi, ma io non ne potevo più. Sei anni senza i Fair Warning sono stati duri da passare, soprattutto se di un loro possibile ritorno sulle scene proprio non si parlava! Mi sono consolato, come credo molti di voi, con i tre splendidi lavori dei Last Autumn’s Dream, ma, per quanto mi sforzassi, non era la stessa cosa.
Oggi, ad un anno abbondante di distanza dal suo primo annuncio ufficiale, “Brother’s keeper” il quinto album dei tedeschi Fair Warning, è finalmente disponibile sulla mia scrivania (sì, lo so, anche nei negozi, ma non mentre sto scrivendo, ah ah!!), e trattenere le emozioni è veramente difficile. Ho già detto tutto quello che potevo su di loro parlando delle recenti ristampe di cui sono stati oggetto i primi due dischi, per cui non c’è bisogno che mi dilunghi ulteriormente.
Siamo nel 2006, molte cose sono cambiate dai tempi di “Four”, ma due in particolare balzano all’occhio (e alle orecchie) immediatamente: primo, Andy Malececk non è della partita. I suoi Last Autumn’s Dream sono un impegno troppo oneroso oppure c’è dietro qualche strascico coi vecchi compagni? Lo scoprirò se riuscirò a intervistarli…
Secondo, i quattro superstiti hanno deciso di tornare a pestare sul serio: “Brother’s keeper” è probabilmente il disco più duro mai partorito dai tedeschi dai tempi del debut album. Forse sensibili alle critiche di chi aveva considerato troppo soft il lavoro precedente, hanno deciso di rendere il suono di chitarra davvero aggressivo, cosa evidente a partire dall’opener “Don’t keep me waiting”, ovviamente di grande impatto e ovviamente già un successo annunciato nel Sol Levante!
Fatte salvo queste due novità, il resto è Fair Warning allo stato puro! La coppia Heart/Ritgen non sembra aver patito l’assenza del loro vecchio mastermind, e si è prodotta in una serie di potenziali hit da far girare la testa: “Push me on”, “Rainbow eyes”, “The cry”, la scanzonata “Once bitten, twice shy”, e chi più ne ha più ne metta… menzione a parte per l’epica “Generation Jedi”, un mid tempo che più che una canzone è una scarica di adrenalina! Devono averne avuta di voglia di tornare per scrivere un brano così… E’ infatti assolutamente incredibile la facilità con cui i quattro tedeschi si lasciano andare a briglia sciolta, snocciolando come se niente fosse canzoni dal potenziale infinito: la classe non si discute, ma un po’ di ruggine, dopo così tanti anni, poteva esser lecito attendersela…
Invece no, si torna alla grande da subito, anche per quanto riguarda le ballate: quelle che un tempo erano il marchio di fabbrica di questa band, e che su “Four” erano dilatate a tal punto che la noia arrivava inevitabile, sono qui per fortuna centellinate e fanno benissimo il loro lavoro: particolarmente belle risultano “Wasted time” e “All of my love”, che beneficiano tra l’altro della nuova veste sonora della band, evitando quindi il rischio di un’eccessiva “zuccherosità” (che cazzo di parola ho scritto??).
Che dire ancora? Che è il ritorno dell’anno! Se li amate correte a comprarlo, se non li conoscete correte a comprarlo lo stesso e se li odiate… comprate lo stesso!
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