Sull’onda lunga del diffuso
revival ottantiano, favorito nello specifico anche da pellicole come “
Rock of ages” e “
The dirt”, sta crescendo il numero di gruppi
underground infatuati dal seducente immaginario
glam-metal, fatto di
look sgargianti,
make-up, vizio e spensieratezza.
Ah,
beh, poi c’è anche il
rock n’ roll, in una formulazione grintosa e impertinente, capace di scatenare ormoni e adrenalina, pur nella sua “semplicità” formale.
Ed eccoci al nocciolo della questione … per ottenere risultati apprezzabili non è sufficiente piazzare qualche
riff su una solida base ritmica e poi condire il tutto da una voce adescante e strafottente, cercando di emulare i campioni del genere.
Ci vuole decisamente di più, e se in certi contesti la richiesta di “creatività” può essere considerata utopica, diciamo che almeno una certa tensione espressiva è indispensabile.
Tutto questo lungo prologo per introdurre il debutto di questi giovani
glamsters di San Francisco, i
Laci Violett, di certo non la più scarsa tra le formazioni emergenti e però nemmeno da annoverare tra quelle che possono, al momento, fornire un contributo fondamentale alla “causa”.
Ascoltando “
Laci Violett”, la mente corre subito ai primi Motley Crue e, per rimanere nella
Bay Area, a Babylon A.D. e Vain, a cui i nostri si avvicinano per intenzioni senza,
ahimè, riuscire a raggiungerne la portata artistica.
Un’intrigante capacità nel produrre
killer-riff e un approccio alla melodia piuttosto “fisico” (e, in questo, possiamo aggiungere Odin e Keel all’elenco dei numi tutelari) rappresentano le principali qualità di un gruppo che appare, dall’altra parte, eccessivamente calligrafico nel
songwriting, reiterando schemi e strutture sonore.
Insomma, ventiquattro minuti di musica piacevoli e privi di autentici guizzi (e non basta lo sporadico contributo del
synth, comunque interessante), pilotati da una chitarra tagliente ma poco fantasiosa e da una voce adeguata e tuttavia un po’ “forzata” quando inasprisce i toni.
Il resto lo fa una profusione di
cliché tutto sommato non molesta, per un albo da considerare complessivamente il dignitoso esordio di una
band impegnata a ripercorrere con applicazione sentieri già felicemente battuti da altri.
Ai
Laci Violett, così come a tutti i gruppi “nuovi” che guardano insistentemente alla
gloriosa storia del
rock, consigliamo di tentare, in qualche modo, di “personalizzare” la frequentazione di quel confortevole e sicuro tracciato, perché solo così potranno convincere l’appassionato del settore a preferirli a chi certi suoni li ha “inventati”.
Chiudiamo con una piccola riflessione … non è curioso che un genere musicale considerato un’espressione del “
declino della società occidentale” (ricordate il controverso
film di
Penelope Spheeris?) sia stato oggi ampiamente “sdoganato” e venga accolto con nostalgica benevolenza?