I canadesi
Operus non sanno dove stia di casa la
misura.
Sì, la misura, il limite dettato dal buon senso o dall'esperienza, che ti impedisce di esagerare, nel bene e nel male. E vi dico questo perché il qui presente "
Score of Nightmares", secondo capitolo discografico della band, è un roboante calderone di metallo, sinfonia, schitarrate, voci, cori, svisate a trecento all'ora, sfuriate di doppia cassa, TUTTO CONTEMPORANEAMENTE e per (quasi) tutte le tracce del cd, tanto che, ogni tanto, mi tocca premere il tastino 'pausa' e lasciar rifiatare le orecchie!
Attenzione, però, ché le mie parole potrebbero essere fraintese: la band suona bene, è ben prodotta, ci presenta un symphonic metal molto poweroso e molto lirico, con la voce di
David Michael Mootev a districarsi tra registri di baritono e occasionali puntate nel tenore o nel falsetto (sinceramente, non mi fa impazzire), mentre, dietro di lui, la band macina a tutta potenza, arrangiando archi, chitarre, doppia cassa e tutto il resto senza (quasi) mai staccare il piede dall'acceleratore.
Sin da "
Phantasia", giù giù per le potentissime "
Lost", "
Where Falcons Fly", "
Book of Shadows" e chi più ne ha più ne metta, con giusto un paio di episodi sui due minuti per farti respirare un attimo.... arrivare in fondo è stata impresa ardua.
E' un pò il difetto che, a suo tempo, attribuimmo agli albums di
Luca Turilli, ma in cui molte bands del symphonic metal incappano: quel farsi prendere la mano, riempiendo ogni song di (inutili?) strati e sovrastrati, orchestrazioni e sbrodolate di solos e sweep da tutte le parti, che se da una parte sorprendono l'ascoltatore meno smaliziato, dall'altra appesantiscono o, per meglio dire, '
coprono' la proposta sonora, mascherando il pezzo e, a volte, celando la pochezza dello sforzo creativo sulla forma-canzone.
Insomma, "
Score of Nightmares" potrebbe piacervi se cercate una svagonata di metal e riferimenti operistici, altrimenti rischia di essere uno sterile esercizio di stile a 300 all'ora.
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