Tra i tanti aspetti positivi della nostra attività di “critici”
(che brutta parola, ndr) c’è il costante e vivace confronto che si viene a creare con appassionati, esperti o semplici amatori della buona musica.
Ecco allora che anche una chat di Instagram (grazie Carlo!) può accendere una lampadina su un album del 2018 pubblicato da un trio di nome
Lux Terminus, side-project interamente strumentale del tastierista dei
Redemption Vikram Shankar.
In
“The Courage To Be” non ci sono chitarre (eccezion fatta per il cameo di
Timo Somers dei Delain nella lunga titletrack), e questo è un primo punto a favore del sopraccitato
Shankar, che è così libero di dominare la scena con il suo pianoforte che a volte ricorda
David Paich sotto steroidi (
“Electrocommunion” o la muscolare
“Effusion”), altre la ricercatezza del compianto
Esbjörn Svensson (
“The Journey”, “Aberration”), altre ancora la fusion più nervosa di
Derek Sherinian e dei suoi Planet X (
“Miles Away” o la sopraccitata titletrack).
Una patina sinfonica aleggia sull’intero lavoro - e in questo senso probabilmente si sarebbe potuto osare un pochino di più senza lasciare la maggior parte delle idee a
“The Courage To Be” - e si può chiudere un occhio sugli episodi forse meno a fuoco (penso allo swing di
“Spectral Shapes” o alla semi-soporifera
“The Road Home”), messi in secondo piano dalla conclusiva
“Fly”, unica traccia cantata dall’immensa
Anneke Van Giersbergen. Da pelle d’oca.
Cosa ho imparato oggi? Che non è mai troppo tardi per recuperare un buon disco.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?