Album di debutto per i tedeschi di Augsburg
Mental Season, che ci propongono una interessante miscela sonora, per comodità riposta nello scaffale "
prog rock", ma che in realtà è più un rock atmosferico, a tratti lisergico, meno 'dispari' e più emozionale.
Condivido intanto con voi la tenerezza di una band al proprio debutto discografico, che nelle liner notes definisce se stessa 'prog rock', per l'appunto, e un paio di righe sotto si vanta di avere l'unico bassista al mondo che suona contemporaneamente anche le tastiere! Ehm, amici prog rock, avete mai sentito parlare di
Geddy Lee? Quello in più canta e vi stende pure il bucato, se ne ha voglia....
Vabbé, deliziosi peccatucci di gioventù. Che poi gioventù mica tanta, visto che sempre nelle medesime liner notes, la band si vanta di avere membri dai 35 anni in su, e con una folta carriera musicale alle spalle... Buon per loro, il disco infatti ne esce variegato, interessante, un po' troppo 'americano' secondo me, e allo stesso tempo paragonabile, se volete, alle atmosfere di
Alan Parsons, a certi
Genesis un pò più facili o, per venire un po' più avanti nel tempo, ai
The Dear Hunter, con i dovuti metri di distanza.
pregevoli i solos moooolto Gilmour-iani, che troviamo sparsi con intelligenza lungo tutte le tracce; questo è il classico album dai pezzi lunghi, come la bella e convincente suite "
Magnificent Display", dal refrain accattivante, spalmata su due tracce, o la conclusiva "
Mental Season", che a volte mi ricade in linee vocali un filo troppo banalotte, ma siamo al primo album, piccoli cali di tensione sono fisiologici, quasi inevitabili.
Bella "
Man in the field", a raccontarci di tribù native americane, ma anche gli altri pezzi non sono affatto male. Insomma, diamo tempo e la giusta quantità di 'acqua' alla pianta
Mental Season, chissà che, alla prossima fioritura, non ci regali anche bei frutti.
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