Cos’hanno in comune i (meno noti) City Boy, gli Streets, gli Steelhouse Lane e i Seventh Key?
Un’innata classe? Certo. Una straordinaria sensibilità artistica? Sicuramente. Un’incredibile forza espressiva? Senza alcun dubbio, ma la risposta voleva essere anche più semplice: il talento di Mike Slamer.
Il fenomenale chitarrista d’origine britannica, dopo tutte le citate esperienze, sembra essere stato colto da un piccolo attacco di “egocentrismo” e questa volta decide di affidare la sua consueta e riconosciuta abilità ad un progetto che per monicker utilizza semplicemente il suo cognome.
Come appare piuttosto evidente scorrendo il suo curriculum, il nostro Mike è tutt’altro che un neofito del settore e non poteva per questa nuova esperienza targata Frontiers affidarsi ad una voce qualunque, e, infatti, è quella del grande Terry Brock (già in Strangeways, The Sign, nonché autore di un ottimo platter solista) a contribuire, con la sua intonazione fatta di colore, intensità e passione, a questo “Nowhere land”, un lavoro dalla statura magistrale.
I suoni che fuoriescono dai solchi “digitali” del Cd investono e avvolgono con quella delicata miscela di cuore e muscoli che l’ascoltatore appassionato delle bands citate in apertura conosce fin troppo bene e, rispetto alla media di quelle prove, un incremento del fattore prog-pomp approssima gli Slamer direttamente anche ai maestri Kansas se non addirittura ai giganti di Chicago Styx.
I brani sono in pratica tutti da acclamare, ma per comprendere in un colpo solo la “nobiltà” del team, consiglierei, a chi eventualmente avesse qualche dubbio in merito al suo valore, di iniziare ad affrontare l’album partendo dall’ultima traccia denominata “Superstar”, un’incredibile summa delle doti e delle sfumature musicali di cui il gruppo è capace: energia, melodia, costruzioni magniloquenti e coinvolgimento emotivo sono tutti elementi che caratterizzano la totalità del dischetto e che qui troverete rappresentati al loro massimo livello; uno “stato di grazia” per un autentico gioiello dalla bellezza abbagliante.
Dopo essere stati irrimediabilmente catturati dall’avvenenza della succitata canzone, sarà probabilmente ancora più facile, poi, lasciarsi conquistare pure dalle superbe evoluzioni di “Nowhere land”, dalla suggestiva enfasi passionale di “Strength to carry on”, da “Not in love”, dove l’aristocrazia della cultura prog e le vibrazioni dell’hard-rock melodico incrociano le lame senza vinti né vincitori, per il diletto delle nostre orecchie, o da “Come to me”, una monografia sul sentimento trasformata in note.
“Higher ground” inizia come un trascinante e torbido rock duro e sentirla trasformarsi nel refrain in uno stupendo numero in pieno ardore AOR accresce il numero dei brividi, la cui copiosa produzione prosegue in “Jaded”, un altro attentato alle coronarie di chi ama le stratificazioni vocali e quelle costruzioni armoniche che decollano fino a toccare la volta celeste della musica “adulta”. Continuando su questa strada ci sono ancora le atmosfere drammatiche e soffuse di “Beyond the pale”, le fattezze di energizzata ballata “radiofonica” con cui si presenta “Runaway” e la freschezza vaporosa di “Audio illusion” (semplicemente stupendo il break multivoci!), mentre “Perfect circle” prepara il terreno al summenzionato highlight di chiusura dell’albo (anche se alla fine, come evidente, i brani sono uno più bello dell’altro e Vi sfido a stilare una classifica di merito permanente!) con un bel pezzo maggiormente hard-eggiante e straordinariamente contagioso.
Mike Slamer e Terry Brock (senza dimenticare anche il formidabile Billy Greer, che qui supporta il suo “vecchio pard” Mike con preziose backing vocals), dimostrano ancora una volta le loro stratosferiche qualità e testimoniano con undici nuovi “fatti” di essere innegabilmente tra i principali protagonisti della scena melodica.
Lasciatemi prendere in prestito, estrapolandole dal loro contesto, le parole del “manifesto” di “Nowhere land”, “… that’s what you are … a superstar …” e rivolgerle agli stessi Slamer … se cercate il significato di “superstar” in un dizionario troverete, infatti, qualcosa di analogo a questo: “… a person, as a performer, who enjoys wide recognition and is esteemed for his exceptional talent …” e credo proprio che i nostri si siano ampiamente meritati tale appellativo.
E ora, mi raccomando, lasciate perdere tutte le singolari razze elettroniche di “equini ibridi”, prendete contatto con il Vostro music pusher di fiducia e mettete mano al portafoglio; questa preziosa generazione d’artisti non può non essere “difesa” e supportata!!
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?