Copertina 7

Info

Anno di uscita:2020
Durata:41 min.
Etichetta:Xtreem Music

Tracklist

  1. INTRUMP
  2. FIST TO FACE
  3. EMPTY CYBER LIFE
  4. VULTURES
  5. NUCLEAR FALLOUT
  6. TRAPPED BY THE CRAPPY TRAP
  7. MENTALITY PACKS
  8. THE AFTERMATH (RECIPIENTS OF DEATH COVER)
  9. NAPALM SWEET NAPALM
  10. INNOCENT HATE
  11. FAKE LIBERTARIAN

Line up

  • Dave Rotten: vocals
  • Miguel Bárez: guitars
  • Salva Esteban: guitars
  • Dani Fernández: bass
  • Jorge Utrera: drums

Voto medio utenti

Fist to face”! Mai titolo fu più azzeccato, anche se, più che in faccia, un bel cazzottone violentissimo questo disco te lo tira dritto dritto negli zebedei. E della copertina ad opera di Akirant vogliamo parlarne? Vi ricordate Bush Senior sulla cover di “Rust in peace” dei Megadeth? Era sicuramente una bella denuncia da parte di Mega Dave, ma decisamente velata ed elegante. Qui, invece, quell’essere immondo di Donald Trump viene direttamente preso a pugni in faccia, appunto, da un cazzutissimo zombie cyberpunk, lasciando ben poco all’interpretazione e all’immaginazione...

Cotanta dichiarazione di intenti trova poi riscontro tra i solchi del secondo album degli Holycide? Assolutamente sì, visto che ci troviamo dinanzi non ad uno, bensì a dieci pugni in faccia! Non contenti dell’esplicita copertina, i nostri dedicano al tanto amato Trump anche l’intro, “Intrump”, appunto, prima che la title track esploda in tutta la sua violenza, mettendo in chiaro fin dalle prime note di che pasta sia fatto il quintetto spagnolo. Riff e ritmi serrati, sezione ritmica coi controcazzi e la voce di Dave Rotten (che i più attenti di voi ricorderanno nei deathster Avulsed) che si staglia su tutto con rabbia e ferocia. C’è da sottolineare come il singer si sia calato appieno nel sound thrash del gruppo, mettendo completamente da parte le sue influenze death metal, e questo è senz’altro un bene per evitare che la band risulti uno strano ibrido che risente troppo della band madre di Dave. “Empty cyber life” continua sulla falsa riga della opener, e rafforza ancora di più l’idea che mi sono fatto dell’album, e cioè che ci troviamo davanti ad una band con gli attributi, capace di riportare in auge, senza scopiazzare pedissequamente, l’epopea d’oro del thrash, quando band come Assassin, Infernal Majesty, Demolition Hammer o Deathrow mettevano a soqquadro la parte più undergound della scena.

Il sound dei nostri è compattissimo, la tecnica è sopraffina, le idee non mancano affatto, tant’è che i brani vivono ognuno di luce propria, i repentini cambi di ritmo e di atmosfere tengono l’ascoltatore sul chi va là, e garantiscono freschezza mantenendo alta la voglia di proseguire nell’ascolto. Prima abbiamo accennato agli Avulsed e al death metal. Vi assicuro che pur provenendo anche Miguel Bàrez e Jorge Utrera, rispettivamente chitarra e batteria, da quella band, gli accenni death si sentono davvero poco, o meglio, sono stati mescolati con tanta sapienza da non scocchiare, si integrano alla perfezione col sound dei nostri, rendendolo quel pelo più cattivo, ma senza snaturarlo, lasciando viva e preponderante la componente thrash, anche se di tanto in tanto appare qualche blast beat o qualche riff più putrido. Anche Dave, come già accennato, usa un timbro decisamente differente rispetto ai suoi standard, e se qualche volta si lascia andare verso il lato oscuro, la fa con maestria, ricordando più un John Tardy che un Corpsegrinder. Insomma, nessuna traccia di growl, per fortuna…

E se “Vultures” è a tratti più morbosa e claustrofobica, la doppietta successiva siglata “Nuclear fallout”/“Trapped by the crappy trap” riporta l’album su coordinate più spiccatamente old school thrash metal, con tanto di coretti ignoranti a sottolineare l’appartenenza ad una scena ben definita. Siamo al giro di boa, ma c’è ancora tempo per un altro paio di bombette niente male, come “Innocent hate” e la conclusiva “Fake libertarian”, oltre alla cover di “The aftermath” dei Recipients Of Death (un gruppo americano con all’attivo due EP alla fine degli anni ’80, il primo dei quali contiene appunto questo brano, ma non chiedetemi come mai la scelta sia caduta proprio su di loro. Vi consiglio, invece, di andarli a ripescare, perchè meritano...).

Lo ammetto, “Fist to face” mi ha colpito, gira ormai da un po’ nel mio stereo, probabilmente grazie alla sua freschezza e alla sua genuinità, pur essendo conscio che non si tratta di un album in grado di aggiungere qualcosa di nuovo o innovativo a quanto fatto fin’ora. È però così ben suonato e ben composto che vi assicuro vi catturerà, in quanto possiede quel pizzico di sfacciataggine che fa la differenza. Fidatevi di un vecchio thrasher che di dischi mediocri ne ha ascoltati, purtroppo, fin troppi, quindi quando si gasa un motivo ci sarà…
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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