Seppur in tempi di diffusa crisi discografica, non è inusuale assistere al “ritorno” di formazioni musicali che per svariate ragioni avevano interrotto la loro parabola artistica, e sarebbe interessante approfondire questo “fenomeno” apparentemente abbastanza inspiegabile, che coinvolge aspetti “pratici” come la disponibilità tecnologica e l’accessibilità dei mezzi d’incisione e altri più “romantici” come l’inesauribile passione di gruppi,
label e
rockofili.
Lungi dall’affrontare in questa sede una verbosa dissertazione in merito, limitiamoci ad accogliere con curiosità l’ennesima
band che dopo un periodo d’inattività torna sul “luogo del delitto”, andando a ingrossare le fila dei talenti nordici impegnati nella trascrizione scandinava della migliore tradizione “adulta” statunitense.
Sono norvegesi, si chiamano
Stoneflower, si formano nel 1996 e dopo un paio di dischi negli anni 2000 e diverse vicissitudini e cambi di
line-up, decidono nel 2020 di tornare a produrre la loro delicata miscela sonora, sotto l’alto patrocinio della
AOR Heaven.
Forte dell’ugola squillante di
John Masaki, emersa agli onori della cronaca grazie a “
Norwegian Idol“, “
Finally” si rivela un dischetto gradevole, che tratta con una certa sensibilità il versante più vellutato e
poppettoso del genere.
Le connessioni con A –Ha e Stage Dolls (tra gli ospiti
Per Hillestad e
Steinar Krokstad) appaiono così, in qualche modo sintomatiche, all’interno di un
songwriting felpato e seducente, in cui le armonie appaiono pervase da un’elettricità soffusa, mai particolarmente spigolosa, elegante e a volte fin troppo “discreta” e ruffiana.
Con i nomi di Journey, Work Of Art, Toto (“
Believing” è emblematica …) e dei conterranei Da Vinci (anche
Gunnar Westlie tra i contributori dell’opera) a completare l’elenco dei plausibili riferimenti, il programma si snoda attraverso quarantasette minuti di confortevole e misurato contagio emotivo, e se qualche episodio in tale contesto appare un po’ anonimo, ci pensano l’
opener “
Gonna let you go”, la notturna “
Calling all stations” e poi ancora le melodie adescanti della
title-track, di “
Through the fire” e “
How does it feel”, nonché l’enfatico afflato sentimentale di “
Fall” a rendere quello degli
Stoneflower un
come-back di classe, non puramente nostalgico e “ornamentale”, di cui potersi dichiarare complessivamente piuttosto soddisfatti.
Vuoi vedere che alla fine è la “passione” l’unico pungolo veramente essenziale di tutta la questione?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?