Emozione, melodia, classe ed oscurità: queste sono le parole chiave per capire ed apprezzare un disco come
Lamenting Of The Innocent.
I
Sorcerer hanno pian piano trovato la loro via e con questo terzo lavoro emerge tutta la loro personalità.
Essendo io un amante del doom e dell’heavy classico ho apprezzato l’eccellente
In The Shadow of The Inverted Cross, primo album della band svedese che coniugava al meglio questi due aspetti, mentre ero rimasto con un po' di amaro in bocca per
The Crowning of The Fire King. Capiamoci, il precedente rimane un grande disco ma, a fronte di un sound ripulito e molto curato, ho trovato la costruzione delle canzoni un pochino troppo lineare, con innesti esagerati di chitarra in fase solista, fuori contesto, come a voler portare energia a tutti i costi.
Il nuovo
Lamenting Of The Innocent, come accennavo in apertura, ottimizza le sfumature del suono dei
Sorcerer, rende il tutto più organico e l’aspetto epico-teatrale viene portato al massimo. L’idea è proprio quella di sedersi su poltroncine rosse e fissare il palco (o lo stereo) mentre si segue l’andamento delle canzoni, ora lento e plumbeo, ora muscoloso e fiero ma sempre melodico ed ispirato.
Lamenting Of The Innocent ruota tutto attorno al tema della caccia alle streghe del XV/XVI secolo, si parla quindi di concept album, anche se le canzoni sono “staccate” tra loro ma tutte vertono sul libro “Malleus Maleficarum" ed il coinvolgimento, ve lo garantisco, è totale.
Anders è clamoroso su questo disco, offre una prova davvero molto toccante e, mentre la sua voce dipinge scenari malinconici, le chitarre disegnano melodie che si completano con le sue linee vocali in maniera egregia. Su questo lavoro, più che di riff, di impatto o di potenza si parla di mestizia, magniloquenza, solennità.
Tutto
Lamenting Of The Innocent è arrangiato alla perfezione, con picchi nella
title track che mostra un songwriting eccellente ed alcuni passaggi emozionano nel profondo, così come ottima è “
The Hammer of The Witches” che possiede un riffing preso in prestito dal song book di Mr. Leif Edling, un andamento ben riuscito ed un assolo stupendo. Ci sono poi alcuni ottimi episodi più brevi ed heavy come “
Institoris” o, per contro, si passa attraverso una ballata come “
Deliverance”, un brano davvero “nudo” e sentito che vede anche ospite
Johan Langqvist (Candlemass). Molte tracce sono proprio guidate dell’ugola di
Anders, con alcune aperture melodiche del duo
Riemann/Hallgren che spingono ancora più in alto dal lato emozionale, questi si lanciano poi in assoli curatissimi, per nulla scontati, infondendo grande feeling e rimanendo sempre alla larga da eccessi di protagonismo.
Il disco, lo ripeto, è stato curato nei minimi dettagli ed è stato fatto un lavoro meticoloso su ogni traccia per farla rendere al meglio, compreso qualche inserimento di cello (sporadico, non vi spaventate) e alcune growling vocals ad opera del nuovo bassista
Justin Biggs, il quale ha partecipato attivamente anche alle fasi di scrittura portando il suo contributo soprattutto nei momenti più heavy. Il ritmo generale è abbastanza lento ma le canzoni non sono mai “difficili" da ascoltare, mai troppo scure o oppressive ma sempre permeate da una bella melodia, e questo rende
Lamenting Of The Innocent apprezzabile anche da chi non non è avvezzo a certe sonorità opprimenti o pachidermiche.
Trovo la prima metà del disco (fino a "
Deliverace", diciamo) di livello veramente eccelso, direi monumentale MA -e qui vado ad indicare un aspetto un pochino negativo- la seconda parte dell'album, complice anche un minutaggio elevato, è meno sorprendente. Ciò non vuol dire che sia scarsa o poco interessante ma sento che viene a mancare la scintilla che tiene accesi i pezzi, come se si adagiassero in una comfort-zone. Insomma, scorrono tranquilli senza sussulti. L’ascolto completo restituisce nel finale quel leggero effetto “troppo”, quella sensazione di “bastava un poco meno” ed è un aspetto che incide un pochino sulla valutazione che, altrimenti, sarebbe stata ancora più alta.
Con
Lamenting Of The Innocent i
Sorcerer dimostrano che affidandsi al proprio talento ed abilità compositiva, senza portare chissà quali innovazioni o voler reinventare la ruota, è possibile creare un lavoro di spessore, un titolo che troveremo probabilmente in molte playlist di fine anno.