Innanzitutto, via l’elefante dalla stanza. Alzi la mano chi ha pensato: ma davvero questi escono nel 2020 con un disco che si chiama
“Virus”? Io l’ho pensato ma, approfondendo, ho scoperto che gli
Haken progettavano questo disco sin dalle sessioni di stesura di
“Vector”, e il nuovo platter prosegue nella narrazione di quanto già trattato nell’album del 2018. I due lavori sono la risposta alla domanda posta più volte alla band nel corso degli anni: chi è il “cockroach king” di cui si parla in
“The Mountain”?
“Virus”, quindi, guarda indietro, addirittura fino al 2013. Ok, perdonati per il titolo dell’album, possiamo passare alla musica.
Prima di cominciare la disamina, penso sia opportuno sottolineare che, per chi scrive (e non penso di essere il solo), gli
Haken sono attualmente la band di riferimento del prog-metal “classico”. Le aspettative nei confronti della band sono quindi elevatissime, situazione sempre molto pericolosa.
Vi è piaciuto
“Vector”? Bene, in questo caso andate a botta sicura su questo nuovo disco.
“Virus”, anche in virtù di quanto detto in premessa, non si discosta dalla formula proposta dal proprio predecessore. E ciò vale nel bene e nel male. Degli
Haken ho sempre apprezzato la capacità di rinnovarsi restando sé stessi:
“The Mountain” era ben diverso da
“Visions”, e lo stesso discorso può essere fatto per
“Affinity” e
“Vector”. Ciascuno di questi lavori presentava un nuovo aspetto degli
Haken, mantenendo però fermi i tratti salienti della band (i pezzi molto articolati, la grande attenzione per gli arrangiamenti dei cori, le atmosfere molto ricercate). In questo senso
“Virus”, pur essendo un lavoro impressionante, non aggiunge molto a quanto già detto fin qui dalla band. Il livello tecnico è davvero brillante, le composizioni inappuntabili e la produzione – curata da
Adam ‘Nolly’ Getgood – semplicemente perfetta. Personalmente, però, speravo in qualcosa di più, in termini di nuove idee e di freschezza compositiva. Sia ben chiaro: più che di un passo indietro stiamo parlando di un mancato (ulteriore) passo in avanti, e questa valutazione risente anche delle aspettative di cui sopra: si trattasse di un’altra band griderei al miracolo!
Insomma, il consiglio è quello di approcciarsi a
“Virus” avendo ben chiaro in mente che si tratta della seconda parte di
“Vector”: in quest’ottica le perplessità sulla mancata “freschezza” del nuovo prodotto potrebbero in effetti essere ridimensionate.
Passando ai pezzi, mi limito a citare la mastodontica suite
“Messiah Complex”: 17 minuti di musica – divisi in 5 atti – che racchiudono tutto l’
Haken-pensiero e anche qualche
easter egg che chi conosce bene la band non mancherà di individuare. Applausi.
In definitiva anche con questa release gli
Haken si confermano uno dei gruppi di riferimento della scena prog metal e, al netto delle riflessioni di cui sopra,
“Virus” non deluderà i fan.
A cura di Paolo "Pera" Perazzani