Copertina 6

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2020
Durata:8 min.
Etichetta:Xtreem Music

Tracklist

  1. INTO THE ARCTIC GLOOM
  2. SHROUDED VISION OF AFTERLIFE
  3. UNDER THE PYRE OF ENLIGHTENMENT
  4. THE MALICIOUS MOON
  5. LIFELESS PROFOUNDITY
  6. DEATHBED CONFESSION
  7. WRAPPED IN LAMENTATION
  8. DARK WOMB OF NOTHINGNESS
  9. BURIAL SECRECY

Line up

  • Harri Salo: drums
  • Juha Rannikko: guitars (rhythm), guitars
  • Tero Aalto: guitars
  • Aabeg Gautam: vocals, bass

Voto medio utenti

I Purtenance sono un nome importante per quanto riguarda il death metal finlandese, posizione che ci sono meritati con quel "Members Of Immortal Damnation" che uscì nel 1991 e che per molti anni ha rappresentato l'unico capitolo discografico della band di Nokia, alimentantone lo status di band di culto. Dal ritorno sulle scene nel 2013 la band comunque ha preso a pubblicare nuova musica con una certa regolarità ed ecco che questo "Buried Incarnation" rappresenta il terzo album in sette anni della band: sarò sincero e ammetterò fin da subito che non ho seguito il percorso musicale dei Purtenance dalla loro reunion in poi e vedere tra la lista dei promo disponibili questa nuova fatica del gruppo mi ha spinto a prendermene cura, spinto anche dalla curiosità di vedere cosa mai potesse combinare il gruppo a così tanti anni di distanza. Come era prevedibile, questo nuovo lavoro non ha la pretesa di portare nuova linfa o nuove influenze alla sound del gruppo, che rimane fedelissimo al death metal degli esordi e più in generale ai canoni del death di matrice finnica che la stessa band ha contribuito a forgiare: i dieci brani che compongono questo "Buried Incarnation" giocano quindi sul sicuro e propongono un death metal cupo ed oscuro, quasi sempre assestato su tempi rocciosi e quadrati e senza mai spingersi in sfuriate cieche ma cercando soprattutto di indurre all'headbanging l'ascoltatore, aiutato anche dalle chitarre dal suono ribassato e dai ritmi cadenzati. Al di là delle intenzioni e della ricerca sonora perpetrata dai Purtenance, il risultato non fa certo gridare al miracolo pur portando questo disco a raggiungere una piena sufficienza a causa di un'ispirazione che è lontana parente di quella dei tempi migliori (e ci sta pure, a trent'anni di distanza) e che sopratutto non riesce ad elevare la musica del gruppo dalla massa di band che si cimentano nello stesso genere. A poco valgono chitarre possenti, una discreta ricerca melodica ed un buonissimo growl da parte di Aabeg Gautam se le idee alla base di questo "Buried Incarnation" suonano già di trito e ritrito e soprattutto non hanno quel guizzo in più che fa distinguere le band di razza dai semplici comprimari. Probabilmente qualcuno potrà essere attratto dal monicker di culto che compare sulla copertina e magari anche tessere le lodi di un disco come questo: la brutale verità però è che nel 2020 questi Purtenance sono buoni giusto per un po' di revival e che se vuole ascoltare del death metal ispirato e fatto come Dio comanda i nomi a cui prestare attenzione e dare supporto sono ben altri.
Recensione a cura di Michele ’Coroner’ Segata

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