Diciotto candeline. Ma il compito di spegnerle non tocca certo al chitarrista
Axel Rudi Pell, visto che ha largamente superato la maggiore età e bazzica la scena Metal ormai da un bel po' di tempo in più.
Infatti, la festa di compleanno è stata organizzata per "
Sign of the Time", il nuovo, e per l’appunto, diciottesimo - album per gli
Axel Rudi Pell, una formazione sempre più solida e compatta, visto che attorno al chitarrista tedesco non si è mai assistito ad un carosello di musicisti, e che sin dai tempi di "Oceans of Time" del 1988, fatto salvo il ruolo di batterista (prima Jörg Michael poi Mike Terrana), non ci sono state altre variazioni nella line-up.
E - tocca ripeterlo - nemmeno a livello di sonorità.
Non che si aspettassimo altro, e per quanto in occasione della mia recensione del precedente "Knights Call" avessi provato a ingannare i lettori, le coordinate musicali sono sempre le stesse... e non posso che ripetermi: "
Sign of the Time" non schioda di una virgola lo stile del biondo chitarrista tedesco.
Eppure rispetto al più recente passato, dalle dieci (tra cui l'intro "
The Black Serenade") canzoni del disco si sente una botta in più, probabilmente grazie alla mano di
Tommy Geiger che si è affiancato a
Pell nella produzione al posto di Charlie Bauerfeind (finalmente un cambiamento). Per il resto, pur di fronte a qualche evidente autocitazione, "
Sign of the Time", ci offre la solita prova spettacolare di
Johnny Gioeli, tanto nell'inevitabile (e un po' leziosa ballad) "
As Blind As a Fool Can Be", quanto nei brani più hardeggianti, come "
Bad Reputation" o "
Wings of the Storm", dove la potente e roca voce del cantante americano solitamente si trova a più agio. Non che il cantante newyorkese lasci spazio ad appunti anche sulle più dirette e immediate "
Gunfire" e "
The End of the Line", come pure lungo le trame più articolate della titletrack o su quelle epiche e sontuose di "
Into the Fire". Da parte sua l'ex chitarrista degli Steeler non eccede mai in protagonismo, ma quando prende la scena lascia il segno, e lo dimostrano gli assoli che arricchiscono, ad esempio, "
Waiting for Your Call" o "
Into the Fire", eppure riesce a soprenderci con quel taglio Reggae che riesce a dare alla prima parte di una "
Living in a Dream", che poi riparte su più classici binari, tra Rainbow e Deep Purple.
Coerenti? Si. Pure troppo.
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