"Rites" è l'opera prima dei palermitani
Satyrus che con questo disco ci propongono una solida dose di occult doom, come loro stessi amano definirsi: nei 45 minuti che compongono il disco infatti siamo storditi dalle atmosfere plumbee e luciferine che ne stanno alla base e ben sottolineate dall'incedere lento e rituale dei pezzi, tutti di durata abbastanza elevata. Il suono grosso e possente del basso squassante di Freddy Fish e della chitarra di Frankie Pizzimenti dominano la scena e inanellano riff lenti e trascinati come da tradizione del genere e riescono a proporre trame sufficientemente interessanti capaci di rapire l'ascoltatore nei momenti più "intrippanti", anche aiutati dalla voce pulita e acida di Gianni Passafiume che si rivela abile con la sua interpretazione a dare un tono ancor più occulto alla musica dei Satyrus, anche se la maggior parte del minutaggio di "Rites" è ad appannaggio della componente strumentale della band.
La band non si fa mancare nemmeno dei momenti più strettamente heavy come dimostra la cavalcata presente in "Stigma", la quale ha anche il pregio di dare una sferzata al sound del disco che rischiava altrimenti di diventare troppo monotematico ed asfittico, anche se è chiaro che sono esattamente queste le tonalità che i Satyrus amano e prediligono.
Al di là delle inevitabili influenze che si palesano durante l'ascolto di "Rites" e che richiamano molte delle derive moderne del sabbathianesimo (o sabbathismo?), come biglietto da visita non c'è male per questo combo palermitano che con "Rites" riesce a proporre un buon lavoro che mostra ancora però qualche margine di miglioramento soprattutto a livello di songwriting e, se possibile, di personalità.
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