Copertina 7

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2020
Durata:56 min.
Etichetta:Indipendent

Tracklist

  1. WHERE STARLIGHT DOES NOT SHINE
  2. GARDENS OF PESTILENCE
  3. THE EVERLORN
  4. SOULS OF THE FLAME
  5. TEAR LADENED SKIES
  6. OUR FINAL NIGHTFALL
  7. DAWNLESS TWILIGHT
  8. OMEGA XI

Line up

  • Knell: guitars, vocals, bass

Voto medio utenti

Devo ringraziare il mio amico e collega Emiliano “Kalimah” Verrecchia per avermi fatto scoprire questa one-man band statunitense.
Questo disco ai più potrebbe sembrare anacronistico, perché se fosse uscito nei primi anni 90 avrebbe fatto allargare la bocca dalla meraviglia di molti seguaci della nera fiamma.
Questo album ha l’inconfondibile sapore sulfureo del black metal svedese dal taglio melodico di alfieri come Dissection e Unanimated; il leader Knell ha confezionato otto tracce che sono la summa del genere.
L’opener “Where starlight does not shine” è significativa in questo senso; partenza in blast beats con ritmo veloce e chitarroni nel più pieno stile maligno ed uno scream che apre a melodie di stampo swedish.
Lo screaming del nostro è basso e cavernoso e pare rendere omaggio al compianto Jon Nödtveidt; all’interno si sente bene l’influenza della band dello scomparso singer svedese soprattutto per le trame di chitarra e la parte acustica.
Gardens of pestilence”, colpisce direttamente con un blast beats e chitarre in tremolo, il brano poi diventa percussivo con gran bel riffing; la melodia è sempre sugli scudi e devo dire che coinvolge.
Il brano ha anche sfuriate con richiami alla classica scuola heavy soprattutto nella parte cadenzata con il solo melodico di chitarra.
Souls of the flame” è un’introduzione strumentale acustica molto ispirata che in poco più di un minuto porta a “Tear ladened skies”.
Il brano parte in quarta con blast beats e chitarroni per poi ecco l’accelerazione veloce e diretta a distruggere tutto.
Il guitarwork melodico è godibile, la parte vocale è messa dietro agli altri strumenti volutamente; all’interno c’è una sezione cadenzata con riff drammatici ma è solo una parentesi per poi riprendere a colpire con gusto.
Dawnless twilight” è il brano più lungo del disco; chitarre dalla chiara influenza black metal melodico scandinavo e partenza lenta; il riff è epico e drammatico.
Il tutto vira verso scambi ritmici, rullate che portano alla sfuriata classica ma ci sono anche parti dinamiche veloci e dirette; l’aura maligna, corrotta e malsana del genere è ben udibile, la conclusiva parte cadenzata devo dire è ben fatta con riff dal taglio oscuro e drammatico.
Diciamolo chiaramente, questo debut non sarà ricordato per originalità, ma il suo lo fa bene; buon esempio di richiamo ad un tempo passato con un esordio sentito e un giusto tributo.
Recensione a cura di Matteo Mapelli

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