Tutto l'entusiasmo provato nello scoprire di poter finalmente ascoltare qualcosa di nuovo da parte dei
Falconer - sono trascorsi ben sei anni da "Black Moon Rising" - è svanito come neve al sole non appena ho metabolizzato che "
From A Dying Ember" sarebbe stato anche il loro album d'addio.
Difficile quindi approcciarsi a queste uscita senza esserne condizionati, fortunatamente l'abbrivio musicale e il riffing di "
Kings and Queens" si rivelano tipicamente "alla"
Falconer, poi la voce di
Mathias Blad è, ancora una volta, in grado di ricreare quella magia che già ci aveva ammaliato in occasione del loro esordio.
Beh… perlomeno si ha la sensazione di essere tornati a casa.
Nemmeno gli scatti di "
Desert Dreams" ci portano lontano dalla comfort zone della formazione svedese, che, al di là del titolo affibbiato a "
Redeem and Repent", non ha alcuna intenzione di pentirsi e di redimersi del proprio vezzo di unire del pulsante (con un bell'assolo di chitarra) Power Metal a passaggi folkeggianti. Anche "
Bland Sump Ooh Dy" si piega ad un'altra consuetudine di
Stefan Weinerhall e soci: quella di cantare un brano nella loro lingua natale, peccato che non sfruttino pienamente l'occasione piazzando un brano un po' fiacco e senza particolare verve. Ma a rimediare ci pensa la seguente "
Fool's Crusade", che si accende dopo una prima parte più teatrale dove non può mancare la solita grande performance di
Blad.
Riecco i suoni tradizionali e medioevaleggianti, ma stavolta sono ben shakerati con abbondanti dosi di Power (mi vengono in mente gli Heaven's Gate) e di energia, nell'accoppiata "
Garnets and a Gilded Rose" e "
In Regal Attire" che si segnala come uno dei momenti più riusciti dell'intero lavoro, grazie anche ad un'ottima resa sonora garantita dalla presenza alla console di regia di
Andy LaRoque,
Che dire, non siamo ancora alla fine del disco, e già so che i
Falconer mi mancheranno.
Ad acuire la malinconia, ecco che incrociamo le note di quel piano che caratterizza la delicata ballad "
Rejoice the Adorned", sempre con un intenso
Blad a primeggiare. E' invece il drumming di
Karsten Larsson a dettare i tempi della spedita e diretta "
Testify", ma l'ex Mithotyn non risparmia le sue bacchette nemmeno su "
Thrust the Dagger Deep", decisamente meno lineare e più fantasiosa dell'episodio precedente, con gradite e azzeccate escursioni (con tanto di Hammond) nei seventies e attraverso territori Hard Rock. Il compito di congedarci da "
From A Dying Ember" spetta infine alla spigolosa ed ambiziosa "
Rapture", traccia facilmente accostabile al mood di "
Black Moon Rising", ma che rappresenta anche quella rada dove i
Falconer getteranno definitivamente le ancore al termine di questo loro ultimo viaggio.
Credo, e soprattutto spero, che nel prossimo futuro
Stefan Weinerhall,
Karsten Larsson,
Mathias Blad,
Jimmy Hedlund e
Magnus Linhardt non se ne staranno con le mani in mano e spiegheranno le vele ai venti per fare rotta verso nuovi porti.
Noi li terremo d'occhio.
Metal.it
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