L’immarcescibile lezione impartita dai Beatles ha fatto la fortuna di numerosissime formazioni musicali e tra queste possiamo tranquillamente annoverare gli americani
Enuff Z’nuff, capaci di contaminare le inconfondibili melodie dei baronetti britannici con le sonorità dell’
hard-rock, sulla scia di un colosso del settore denominato Cheap Trick.
Una carriera, quella dei nostri, caratterizzata da un picco iniziale (l’omonimo del 1989, trainato dai singoli “
New thing” e “
Fly high Michelle” …) e da tanti buoni lavori all’insegna del loro coerente credo artistico, in cui il rischio d’incorrere in un’eccessiva leziosità è, però, obiettivamente altissimo.
Ebbene, un po’ come il precedente “
Diamond boy”, anche il nuovo “
Generation brainwashed” mette in luce i difetti “costituzionali” della proposta degli
Enuff Z’nuff, accentuati dalla voce non particolarmente duttile di
Chip Z’nuff, unico supersite della formazione primigenia del gruppo.
L’impressione è che da quando il
vocalist originale
Donnie Vie (nemmeno lui un fenomeno della fonazione modulata, invero, e tuttavia piuttosto funzionale al canovaccio espressivo …) ha abbandonato questi lidi, lasciando la
leadership canora al bassista, si sia incrementata anche l’inerzia della formula stilistica, gradevole ma alla lunga un po’ troppo lineare e stancante.
In un programma che si attesta complessivamente su livelli di “mediocrità superiore”, meritano una particolare menzione la vaporosa “
Fatal distraction”, la grinta di “
I got my money where my mouth is” e la strisciante contagiosità di “
Strangers in my head” (con
Vie in veste di
special guest … un caso che sia uno dei brani migliori?), mentre “
Help I’m in hell”, “
It’s all in vain” e “
Broken love” ostentano una devozione ancor più spiccata per i summenzionati modelli, sfiorando “pericolosamente” l’operazione riciclaggio (o, al limite, l’auto-riciclaggio).
“
Drugland weekend” aggiunge un pizzico di ombrosa distorsione all’impasto sonico (può ricordare qualcosa di “
Animals with human intelligence”) e se “
Winding road” svela il lato maggiormente
rootsy della
band, “
Go …” riprende a diffondere la tipica miscela di note passionali e soffici che la contraddistingue, consentendomi così di esaurire le annotazioni su un albo ampiamente decoroso, che non spiace anche per la critica a un mondo sempre più stordito e apatico (dipendente dalla tecnologia … vedere anche la copertina del disco e la sua esplicita
naiveté …), ma che difficilmente collocherà gli
Enuff Z’nuff tra i grandi protagonisti di questo musicalmente fecondo anno 2020.
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