I cileni
Lapsus Dei si sono costruiti una solida reputazione locale, in circa due decenni di attività. Il gruppo di Santiago si colloca nell'ambito doom contemporaneo, con forti componenti emozionali, melodiche e progressive. In questo quarto album dal titolo "
Sea of deep reflections", pubblicato da
Sliptrick Records, tali elementi sono ancora più accentuati che in passato. Si tratta di un doom metal molto arioso, limpido, malinconico, elegiaco, dove il fattore determinante è la costruzione di atmosfere evocative e brumose più che sull'impatto propriamente heavy.
I sette brani raccontano di un viaggio per mare alla ricerca di qualcosa d'indefinito, sia terreno che spirituale. Un viaggio sofferto, travagliato, metafora dell'esistenza umana tra tentazioni rischiose, naufragi esistenziali, faticoso recupero della giusta direzione, mesta solitudine ed inevitabile conclusione, che può essere il semplice termine di un cammino così come il passaggio ad una dimensione trascendente ed ultraterrena.
Le tematiche sonore sono raffinate, eleganti, morbide, anche se non mancano passaggi più robusti di matrice post-rock, come notiamo già nell'iniziale "
Falling apart". Un pezzo pienamente rock di stampo contemporaneo, ricco di arrangiamenti orchestrali e di una impostazione vocale pulita e romantica. In realtà gli aspetti doomy sono ridotti al minimo, una spolverata di ombrosità che vela appena il brano. Più greve la seguente "
The call of sirens", che ricorda vagamente l'attitudine spirituale di gente come The Obsessed o The Hidden Hand. Riff più corposi e determinati, anche se nuovamente sono presenti ampie porzioni prog-melodiche con passaggi elettroacustici ed assoli lirici. Diciamo che questo è lo standard costante dei sudamericani, confermato anche dall'andamento sentimentale che segna larghi tratti della lunga "
Naufragos". Canzone certamente elegante e ben costruita, ma che alla fine risulta un pochino stucchevole nella sua insistenza sul tema nostalgico-melodico.
Il quartetto cileno ha buone capacità strumentali e valida esperienza, ma a mio avviso insiste troppo sulla dimensione emotiva e scenografica della propria musica.
Piccole variazioni le troviamo nella cadenzata ed oscura "
The last trip", un doom cupo e massiccio dove anche le vocals assumono uno stile growl dal taglio quasi black, mentre l'estesa "
Colossal" comincia come un brano dark-prog elettroacustico molto rarefatto e carezzevole per aprirsi poi a potenti spinte drammatiche. Il risultato non è disprezzabile ma neppure esaltante. C'è qualcosa di troppo ricercato, di eccessivamente cerebrale, che genera una sensazione di stanchezza.
Ancora più rarefatte le rimanenti "
Alone I break" e "
Arrival", che incrementano ulteriormente l'atmosfera pensosa e mesta di un dramatic-melodic-doom che sfiora quasi la derivazione orchestrale di Anathema, Katatonia e perchè no, Opeth. Con meno brillantezza e forza scenografica, purtroppo.
Dunque un lavoro non brutto, ma nemmeno del tutto convincente. Qualche buon momento di intensità, ma anche un pò di tedio strisciante. Penso che i
Lapsus Dei possano fare meglio.
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