Ed eccoci ancora una volta impegnati nel cercare faticosamente di spiegare come mai un altro gruppo “emergente”, scandinavo, palesemente emulo di Led Zeppelin, Cream, Humble Pie e Rolling Stones merita la vostra attenzione anche in un’epoca in cui il cosiddetto
retro-rock è diventato un prodotto di “successo”, con annessa ricerca spasmodica dell’ennesima
new sensation.
Impresa complicata solo a “parole” in realtà, perché credo sia sufficiente un ascolto a questo “
Out of the blues”, esordio degli svedesi
The Striders, per rendersi facilmente conto di come certi suoni nelle mani “giuste” possano risorgere con innata vitalità, pur senza nascondere neanche per un istante le loro profonde radici ispirative.
Insomma, il consiglio, da indirizzare soprattutto ai più scettici, è di testare la tensione espressiva che i nostri affidano a brani come “
Closer to the sun”,
blues n’ roll denso e vischioso come la pece o a “
Whole lotta lovin’”, "
Bag full of bones”, “
Move on” (bello il
break psych), “
Supernatural“ e “
Addicted”, credibili e viscerali tributi all’immarcescibile arte del
Dirigibile più famoso e seminale del
Rock.
Nel programma c’è spazio pure per le melodie maggiormente “ruffiane” di “
Standing on top”, per un’elegiaca ballata acustica denominata “
Dandelion” (una “roba” che potrebbe piacere anche ai
fans dei Pearl Jam) e per un’altra trascinante delizia di
hard-rock blues “classico” denominata “
Rock’n roll star”, mentre tocca a “
Hellhound blues” tentare di sollecitare la parte maggiormente malinconica e visionaria del vostro animo di
musicofili.
Non siamo ancora ai livelli di eccellenza dei migliori
transcodificatori contemporanei della tradizione, ma “
Out of the blues” è senza dubbio un lavoro che attesta in maniera piuttosto nitida le qualità, la vocazione e la sincerità d’intenti che alimentano i
The Striders, saldamente legati alla storia del genere e ben lontani dall’esserne una semplice parodia.
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