Devo dire che io gli svedesi li conosco molto bene, perché li seguo fin dall’ep
Devil Man.
Come da consuetudine il terzo album è il cosiddetto disco della maturità, nel quale si vede se la band ha la stoffa per restare nel mare magnum musicale; questa qualità la compagine scandinava l’ha sempre messa in mostra fin dal debut omonimo.
Questo terzo disco è il terzo centro anche se sposta un pochino il baricentro rispetto al precedente, questo anche perché hanno perso un membro “di peso” come
Dorrian Sorriaux alle chitarre ma acquistando più grinta con il nuovo elemento
Kristoffer Schander al basso, mentre il bassista
Zack Anderson si sposta alla sei corde.
Il nuovo album vede una copertina molto oscura, già si capisce che a differenza di
Lady In Gold le sonorità blues sono preponderanti.
Se il secondo album aveva un’anima soul ben definita e presente qui i graffi dell’anima sono malinconici.
La partenza affidata al primo singolo “
Proud woman” è un’ottima apertura.
Brano energico, dinamico, con la produzione retrò che dona quel calore che ci vuole in questo ambito musicale; i cori molto fine sessanta e la voce della svedesina
Elin Larssson fanno gran figurare e la chitarra vibra che è un piacere.
Altra bordata è “
Low road”, perfetto brano serrato, con un ottimo giro di basso; le chitarre con il wha wha vanno a nozze con la batteria che tra rullate e tempi diretti non perde un colpo.
Una Mustang corposa, veloce e piena di grinta; brano nervoso ed elettrico, grande pezzo.
Ecco con “
California” prende corpo il blues malinconico con quel piano a sottolineare le venature soul del brano.
Qui il chorus è potente, le chitarre ricamano riff minimali con i cori che dipingono l’atmosfera e la
Larsson capace di acuti carichi di passionalità.
“
Dust” è un blues crepuscolare, lento dove la singer usa una timbrica profonda per poi lasciarsi andare a svolazzi con la chitarra sullo sfondo.
Un brano che è perfetto per le serate autunnali a venire, il climax emotivo è perfetto.
“
Kiss my past goodbye” invece è venata di funk, già avete capito bene, un brano che sarebbe piaciuto a
Isaac Hayes.
Un chorus che ti si stampa in testa con i riff caldi e quei cori che sono energia per tirare la volata alla singer nordeuropea con accelerazione sul finale.
“
Longest lasting friend”, chiude il disco con un brano crepuscolare, blues; riff arpeggiati, la voce riverberata della
Larsson carica di soul e un andamento lento e amaro per certi versi.
Un disco che conferma lo status dei nostri, ma che avrei voluto la componente soul più accentuata; un gran bel ritorno che a mio dire certifica lo stato di grazie di questi ragazzi e conferma che l’asso nella manica è la straordinaria voce della svedesina.
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