Il nuovo album di
Tim Bowness è l’ennesima buona raccolta di brani raffinati, sorretti da arrangiamenti minimali e da linee vocali soffuse e quasi recitate.
La vera sorpresa di
“Late Night Laments” si chiama
Brian Hulse, storico collaboratore di
Bowness nei
Plenty, oggi più che mai tastierista di gusto e di talento in grado di non far rimpiangere ex-compagni di avventura ben più noti e illustri (su tutti Steven Wilson - qui responsabile del solo mix - e Richard Barbieri).
Lo spettro dei No-Man, inevitabilmente, aleggia per tutta la durata del full-length (
“I’m Better Now”, “The Last Getaway”) e va a braccetto con le tentazioni world-music già colte nei sopraccitati Plenty (penso a
“Northern Rain” o alla bucolica
"We Caught The Light”). Se
“The Hitman Who Missed” e
“Never A Place” strizzano l’occhio al trip-hop, la conclusiva
“One Last Call” ci accompagna in uno sgangherato jazz club in stile Bang Bang Bar (e se non sapete cos’è il Bang Bang Bar, avete un problema).
Una garanzia di qualità.
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