I
Goldray sono il nuovo progetto psych-rock di
Kenwyn House, chitarrista che negli anni '90 aveva militato nei noti Reef. A livello creativo e compositivo si tratta in pratica di un duo, completato dalla bravissima e sgargiante cantante Leah
Ray Rasmussen (Hydrogen, Bedrock, Renaissance), capace di coniugare una voce incantevole con un'estetica live sicuramente di effetto. La formazione comprende poi la rotazione di una serie di altri musicisti, sia in studio che dal vivo, tra i quali i più presenti sono il bassista
Mike Kenna, il tastierista
Lee Spreadbury ed il batterista
Jonny Brister.
La band inglese aveva già attirato l'attenzione degli appassionati di rock psichedelico/settantiano con il debutto "Rising" del 2017, adesso replica con il presente "
Feel the change".
In effetti c'è un vento di cambiamento nel lussurioso stile della band: meno sound rarefatto ed onirico e più densità hard-bluesy, con un tocco di oscurità che avvolge l'intero lavoro. Molto rock seventies, ottime svisate psych, eccellente capacità melodico-avvolgente, bordate di energico groove, grandi assoli acidi ed una voce affascinante dal principio alla fine. Sembra semplice, ma non lo è.
Prendiamo l'ottima costruzione di un brano come "
Oz", che parte con un riffone ficcante da rockers consumati sul quale si staglia il canto leggiadro ed etereo della
Rasmussen. C'è quella atmosfera stregonesca e lunare che piace tanto ai vecchi praticanti del genere come il sottoscritto. Nella parte centrale subentrano forti vibrazioni medio-orientali e lisergiche, che introducono il solismo incalzante di
House. Pezzo di alta qualità psico-rock.
La title-track mostra invece un approccio più da dark-ballad, utile per esaltare l'ugola affascinante e misteriosa della vocalist e per far venire alla mente il nome dei Blues Pills, formazione alla quale è quasi banale accostare i
Goldray. Ritornello che si stampa in testa al secondo ascolto e buona eleganza generale. La seguente "
The forest" è forse ancora più notturna e rarefatta, con vibrazioni malinconiche e sofferte, ma vanta un crescendo chitarristico quasi Zeppeliniano. Slow che conquisterà sicuramente i palati più romantici e sentimentali. Invece "
The forest part.2" ci riporta ad un solido rock '70 pieno di solismo fiammeggiante, con qualche vibrazione occulto-misterica.
Puro psycho-rock quasi sessantiano in "
How do you feel", dove la cantante adotta timbriche altalenanti che evocano l'immensa Grace Slick, mentre "
The beat inside" è l'episodio più torrido ed ipnotico del lotto. Riff circolare da scapocciamento, melodia insinuante e drogata, ritmica solida e battente. Brano che piacerà molto ai fans di Vintage Caravan, Ancient VVisdom, The Bison Machine e compagnia. Assolo dilatato e vocals sensuali, accoppiata vincente.
"
Come on" è uno slow '70 giocato sulle articolazioni vocali e sul ritornello ripetuto dal mood quasi radiofonico, molto Blues Pills, invece la conclusiva "
Phoenix rising" è un altro brano-top del disco. Psichedelia rock d'annata, raffinata ed ariosa, con una spruzzata di drammaticità che non guasta di certo. Sempre sugli scudi la
Rasmussen, che entra di diritto nel novero delle mie cantanti contemporanee preferite (e chi mi conosce, sa che non lo dico con leggerezza..), ma è comunque il brano stesso con la sua colorazione agrodolce a convincere pienamente.
I
Goldray possiedono due carte che garantiscono loro una marcia in più: la voce della
Rasmussen e la chitarra di
House. Ma non si limitano ad esibirle pedissequamente, inserendole invece in un songwriting di ottima fattura. Tutti i brani del disco sono curati, ricchi di dettagli, non banali o scontati. Acidità, orecchiabilità e buon groove psichedelico, questo è un album che si ascolta tutto d'un fiato e trasmette emozioni. In questo ambito non si può chiedere di più.