Sesto album per i doomsters veterani
Pale Divine, cult-band della Pennsylvania attiva da oltre due decadi ed autrice di lavori di grande spessore come "Thunder perfect mind" (2001), "Cemetary earth" (2007) e "Painted windows black" (2012). La novità degli ultimi anni è l'ingresso in formazione di
Dana Ortt, cantante/chitarrista fondatore dei recentemente disciolti Beelzefuzz, altra ottima hard/doom band con un paio di interessanti lavori all'attivo. Da notare che in questo gruppo ha militato anche la coppia storica dei
Pale Divine, cioè il chitarrista/cantante
Greg Diener ed il batterista
Darin McCloskey. Quindi i tre si ritrovano ora insieme in questa line-up, completata dal bassista e compagno di lunga data
Ron McGinnis.
Il sound degli americani è sicuramente orientato verso il doom rock/metal, ma in un'accezione piuttosto ampia del genere. Elementi hard settantiani, Nwobhm, metal ottantiani, vengono inglobati in maniera coesa ed elegante, mantenendo un costante equilibrio tra impatto energetico, atmosfere oscure e feeling melodico simile a quello di Trouble, Pallbearer, Spirit Adrift, Pagan Altar, ecc.
L'uso ed il contrasto tra la voce più profonda e soul di
Diener e quella sottile ed epicheggiante di
Ortt, accentuano la raffinatezza di certe soluzioni ed aumentano le possibilità di sviluppo futuro per questa formazione. Ancora più evidente la bontà del lavoro chitarristico, con una pletora di riff ed assoli di alto livello che rendono questo disco una costante scoperta ad ogni ascolto.
Prendiamo ad esempio la complessa e lussureggiante "
Tyrants & pawns", che comincia con timbro quasi Purple-iano per trasformarsi poi in una cavalcata doom-rock alla The Obsessed, ricca di cambi di tempo e sciabolate solistiche. Classe ed esperienza per palati fini.
Lo stesso si può dire per la seguente e Sabbathiana "
Satan in starlight", affidata alla voce acuta ed evocativa di
Ortt, dal taglio ruvido e corposo, molto rock, come nei primi lavori della band. Tuffo nel passato, ma con un pizzico di novità. Molto più doomy e tetra si mostra "
Phantasmagoria", dal passo lento e dal timbro plumbeo, molto drammatica ed evocativa e punteggiata di assoli lancinanti. Ottimo esempio di doom rock dal taglio contemporaneo ma con le radici nel passato.
Altrettanto notevole l'estesa title-track (oltre dieci minuti), una cavalcata che profuma di Nwobhm lontano un miglio grazie alla sua tempistica mid-slow severa e potente, ai riff abrasivi alla Crossfire, alle aperture melodiche-sognanti nella fase centrale, all'incrocio di timbrica dei due cantanti. Brano da manuale.
"
No escape" vanta invece un eco Motorheadiano, pezzo solido e tirato di buona efficacia epidermica, mentre con la conclusiva "
Saints of fire" si ritorna su tematiche occulte e misteriche, con la struttura ruvida ed incalzante prevista dal miglior doom di ultima generazione. Nuovamente rimarchevole il lavoro della doppia chitarra, che garantisce sicuramente una marcia in più a questa ultima incarnazione dei
Pale Divine.
Ancora un passo avanti degli statunitensi verso la consacrazione definitiva. Qualche dettaglio, alcune sfumature da definire ulteriormente e possiamo attenderci un capolavoro assoluto. Comunque, questo "
Consequence of time" rientra di diritto nei top-album doom di questa tribolata annata. Consigliatissimo a tutti i doomsters.
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