I
Blue Hook sono di stanza a Toledo. Ma non quella spagnola, bensì una omonima cittadina dell'Ohio. Una formazione che definirei southern-country-rockblues, perchè tali influenze vanno a comporre in diversa misura il particolare sound del quartetto. Uno stile morbido, notturno, caldo e malinconico, pieno di riferimenti al blues più profondo e tradizionale, al romanticismo del country americano, alla tradizione cantautorale ed intimista, al circuito dei piccoli locali del Midwest statunitense. Una musica che non ha nulla di moderno, di fracassone, di muscolare o di tecnologico e sembra provenire da un nebbioso passato che odora di paludi, alcool e di groove quasi minimalista. Questa l'atmosfera, certamente avvolgente e piena di fascino ultra-vintage, che si respira in questo "
The night wild", terzo episodio della discografia degli americani.
Un tocco di George Thorogood, un richiamo ai Gov't Mule, una pennellata di Widespread Panic, ma soprattutto il potente aggancio con i leggendari tempi di Muddy Waters, Buddy Guy, B.B. King e le altre stelle del blues elettrico originario. E' quanto emerge dagli undici brani, tutti costruiti in punta di plettro con toni pastello ed ombreggiature retro-rock.
Brani come "
Soul is the sun", "
Blood moon" o "
The silence" sembrano provenire dai lontani anni 70, con elementi che evocano i Doors ed una sfumatura di blues-ballad alla ZZTop/Cactus. La recente acquisizione della solista di
Patrick Lewandowski garantisce quella spinta rock-blues d'annata che irrobustisce le melodie rilassate ed oniriche della band, con indirizzi ancora più country-roots in "
Rollin' hills, fertile valley" canzone che fa pensare ad una serata passata intorno al fuoco sotto un cielo incantevolmente stellato.
L'atmosfera si mantiene elegante e raffinata per tutto l'album, senza mai accellerare o incrementare l'impatto perchè questa è una band completamente devota a questo tipo di sound, prendere o lasciare. Le tracce sono ben costruite, il ritmo pigro finisce per trascinare l'ascoltatore abituato al genere e la voce di
Adrian John Szozda è pienamente adatta allo scopo. Certo, devono piacervi gli slow romantici e nostalgici come "
An outlaw and his mask", che mi ha ricordato la Marshall Tucker Band di "Searchin' for a rainbow", oppure l'impalpabile eco rockabilly della sessantiana e ballabile "
She's on to you". Tematiche sonore estremamente lontane da quelle contemporanee, ma che vale sempre la pena rispolverare in tempi di revivalismo compulsivo.
Disco per cultori di blues ultra-vintage, quindi per una ristretta cerchia di adepti, ma indubbiamente ben fatto, ben suonato e dotato di un mood che vanta un proprio fascino intrigante.
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