Nati dalle ceneri dei geniali Lifelover, gruppo che vi invito caldamente a riscoprire, gli svedesi
Kall ("gelo" in lingua madre), dopo aver esordito sei anni fa con l'album omonimo, rilasciano, per
Prophecy Records, il nuovo
"Brand", un lavoro che, viste le premesse, non poteva che essere sorprendente.
Scordatevi una facile classificazione della musica contenuta in questo disco e preparatevi ad un ascolto impegnativo e dannatamente intriso di fascino.
I
Kall adoperano i registri del depressive black metal, in modo molto originale come del resto i Lifelover ci hanno insegnato in passato, e li coagulano in una miscela di pop sofferente, stoner, psichedelia esaltata dal suono di un sax semplicemente delizioso, e derive post metal crude ed intrecciate con monolitici riferimenti al doom più pesante.
Nella sostanza, i
Kall mostrano il dito medio ad ogni scena e suonano solo e soltanto quello che hanno nel loro cuore.
Il risultato?
Oserei dire sconcertante.
"Brand" è sofferenza, è nero ma luccicante, polveroso come un deserto ma, a tratti, gelido come la morte, avanza tra ritmi "mascolini" e lunghe fughe strumentali che ti fanno perdere la concezione del tempo dandoti la sensazione di essere in balia di qualcosa di più grande di te e di estremamente pericoloso.
Nei suoi solchi non esiste un percorso predefinito: l'unica vera costante è la sensazione di sofferenza che, silenziosa, ti avvolge e ti stritola nonostante le esplosioni metalliche, che squarciano la quiete, ti ridestino dal torpore e ti mettano al cospetto di un album duro, aspro e infuocato.
L'ignaro ascoltatore, durante l'ora di durata di
"Brand", sarà sbattuto da una parte all'altra e soffrirà insieme con il gruppo, soffrirà insieme alla voce tormentata di uno strepitoso
Kim Carlsson, soffrirà con le devastanti note di chitarra che dipingono atmosfere da brividi, soffrirà durante i fluidi momenti di pausa e soffrirà rendendosi conto che l'urlo dei
Kall è l'urlo dell'intero genere umano che, difficilmente, uscirà fuori dal buco che si è scavato con le sue stesse mani.
Se la musica ha il compito di trasmettere qualcosa,
"Brand" è un gioiello di sensazioni ed emozioni.
Che poi sia intriso di oscurità assoluta in contrasto con la sua luminosa copertina, non avrà importanza: quello che resterà dopo il suo ascolto è, come ricordavo più in alto, sconcerto.
Puro sconcerto di fronte a qualcosa di pericoloso e malato, ma proprio per questo fottutamente affascinante e intrinsecamente catartico.
I Lifelover sono morti e non poteva essere altrimenti.
I
Kall, fino a quando vorranno, ne porteranno in giro il fardello e ne bruceranno le ceneri nel fuoco della purificazione.
Un fuoco che arde, furioso, in un album splendido.
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