Probabilmente il “peccato originale” di questo nuovo ed attesissimo disco degli
Heathen è quello di essere il successore di 3 autentici gioielli e quindi di essere stato scritto da una band che, nel corso dei suoi 36 anni di onorata carriera, ci ha sempre abituato troppo bene!
Mi spiego meglio: premettendo che l’album è bello (il voto stesso per il quale ho optato lo dimostra) e che, col tempo mi sta gradualmente conquistando ulteriormente, devo anche ammettere che ad un primissimo ascolto
Empire Of The Blind non mi aveva emotivamente coinvolto come ad esempio il precedente The Evolution Of Chaos, (senza scomodare Breaking The Silence o Victims Of Deception, ormai impolverati dall’incessante trascorrere del tempo, ma la cui bellezza non potrà mai essere scalfita da nulla). Ad essere onesti, non ero nemmeno rimasto deluso dal primo impatto con questo disco, perchè comunque, a conti fatti, si tratta di un buon lavoro, con tutte le carte in regola per riuscire sin da subito: ci sono degli ottimi riffs un pò in tutte le tracce, degli autentici “pezzi schiacciasassi” come l’iniziale (esclusa l’intro)
The Blight, la title-track, la “tritatutto”
Dead And Gone, o ancora, le potenti
Blood To Let e I
n Black. Non mancano poi quei brani, su tutti l’affascinante
Sun In My Hand, ma anche la meno convincente
Shrine Of Apathy, in cui emerge la vena melodica della band, che poi ci regala forse la perla più preziosa del disco, con la strumentale
A Fine Red Mist, in cui viene fuori il lato tecnico della formazione californiana in tutto il suo splendore, prima che il tutto venga concluso con un pezzo “thrash old style” intitolato
The Gods Divide.
Fin qua tutto bene...ma allora, cosa c’è che, rispetto al passato, non va in questa nuova fatica targata
Heathen? Eppure, come detto, musicalmente si trova tutto quello che serve per avere un immediato riscontro positivo, perfino la line-up non è stata radicalmente modificata, ma solamente ritoccata, nonostante siano trascorsi già 10 anni dal precedente album, ci sono ancora gli storici
Lee Altus alla chitarra ed il vocalist
David R.White (autore di una prova maiuscola), con
Kragen Lum all’altra chitarra, a cui si sono aggiunti
Jason Mirza al basso e
Jim DeMaria alla batteria...e quindi, tornando alla domanda iniziale, perchè ad un primo ascolto il disco potrebbe non convincere?
Sinceramente è difficile spiegare nel dettaglio quale sia il motivo, per cui inizialmente questa nuova fatica discografica degli americani potrebbe far storcere un pò il naso, soprattutto ai fans di vecchia data, ma il rischio è effettivamente reale, a me ad esempio è accaduto! Detto in maniera molto banale, le emozioni spesso non possono essere descritte con delle semplici parole e quella scintilla che da subito era scattata con i precedenti lavori, stavolta non c’è stata, tutto qui. Motivo? Può darsi che sia perché le composizioni di
Empire Of The Blind risultano effettivamente più asciutte e meno elaborate rispetto al passato e per un amante della sfera tecnica (da sempre punto di forza della band) questo è indubbiamente un colpo basso, oppure, molto più banalmente, dagli
Heathen ci si aspetta sempre dei capolavori (pretesa eccessiva?), a maggior ragione dopo dieci anni di attesa snervante, ed è quindi umano che le aspettative che si creano siano elevatissime.
Insomma concludendo, consentitemi un paragone: in occasione del mio primo impatto con questo nuovo lavoro del combo californiano, ho provato la stessa identica sensazione che avevo già avuto dopo il primo ascolto di Wings Of Rage, l’ultimo disco dei Rage; in quella circostanza mi sono detto “Si ok, è un buon album e se fosse stato scritto da dei perfetti sconosciuti mi sarebbe piaciuto di più, ma essendo i grandissimi Rage di Peavy, si tratta di un lavoro senza infamia e senza lode, dal quale sinceramente mi aspettavo di più!”, ecco...stesso discorso per
Empire Of The Blind deglli
Heathen che, pur avendo sfornato un discreto lavoro, in questa occasione sono forse rimasti vittime del loro nome e delle enormi (e sacrosante) aspettative che vi sono intorno ad esso.