I texani
Realize nascono come creatura solista Kyle Kennedy, il quale per la stesura di questo "Machine Violence" ha deciso di farsi affiancare da Matt Underwood alla chitarra e Matt Mutterperl pur mantenendo il timone creativo del gruppo ben saldo nelle proprie mani: il risultato di questa sinergia e comunione di intenti è questo disco di debutto che può vantare il raro privilegio di essere edito dalla Relapse Records e che nell'arco di una trentina di minuti ci fa compiere un gustoso salto nel passato, più precisamente verso la metà degli anni novanta. In quel periodo storico infatti i Godlesh facevamo uscire album come "Selfless" e molte band metal e personalità di spicco, soprattutto in ambito death metal e nella cerchia dei compagni di etichetta della Earache, furono talmente influenzate dalla loro musica da inserire nel sound delle proprie band madri influenze industrial (Napalm Death) o a dare vita a progetti paralleli che esplorassero queste nuovo sound (Nailbomb, Meathook Seed). I Realize di fatto hanno come obiettivo quello di riproporre un industrial metal fortemente influenzato dai padrini Godflesh e dalla succitate band, con la giusta dose di entusiasmo e senza la pretesa di suonare innovativi o rivoluzionari. I pezzi che compongono "Machine Violence", un titolo azzeccato al 100% con la musica dei Realize, si poggiano su pattern di drum machine violenti e ficcanti, capaci di trapanare la corteccia cerebrale con il loro sound freddo ed alienante, su cui la chitarra di Underwood propone riff rocciosi e distorti dalla fortissima componente metal, mentre la voce aspra di Kennedy completa il quadro di disumanizzazione di cui la band si rivela artefice e che trova la propria sublimazione in canzoni quali "Alone Against Flames" dal sapore quasi death metal, oppure in "Ghost In The Void" il cui incedere cadenzato e roccioso vi varà muovere la testa a suon di headbanging, o ancora "Slag Pile" e "Disappear". Giusto l'outro finale "Heavy Legs In The Mansion" riesce leggermente a stemperare la tensione che rimane costante durante l'ascolto di "Machine Violence" per mezzo di una chitarra acustica, che si intreccia con sprazzi harsh e noise e con la voce distorta di Kennedy che riesce a rendere disturbante anche questa outro.
"Machine Violence" è quindi un sentito e sincero tributo ad un sound che (ancora?) non ha vissuto le cicliche ondate revival che ormai imperversano anche nella nostra amata musica, ed è un lavoro che come nel mio caso vi farà venire voglia di rimettere nel lettore cd o sul vostro giradischi album o artisti che era da un po' che prendevano polvere nella vostra collezione di dischi.
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